Violenza donne: pronte le nuove linee guida del Csm

Violenza donne, WeWorld

ROMA. – Una corsia preferenziale per le indagini sulle violenze alle donne; magistrati specializzati e personale di polizia giudiziaria dotato di una formazione ad hoc. Ma anche un vademecum che, sui siti delle procure, spieghi alle vittime con parole semplici come fare a ottenere tutela legale e protezione, magari in più lingue. E cautele, anche nelle aule del processo, per evitare il contatto diretto tra chi subisce violenza e l’ aggressore.

C’è tutto questo e molto altro nelle linee guida approvate dalla Settima Commissione del Csm per dare maggiore efficacia alla risposta giudiziaria a un fenomeno che è purtroppo “in drammatica recrudescenza” e che vede mediamente durare due anni e mezzo i processi che arrivano al dibattimento. Sono state elaborate all’esito di un monitoraggio condotto tra i presidenti dei tribunali e i capi delle procure e dopo un confronto pubblico con chi a vario titolo si occupa di quella che ormai costituisce, per usare le parole dei consiglieri, una “vera emergenza nazionale”.

L’ultima parola la esprimerà il plenum di Palazzo dei marescialli nella seduta convocata per il 9 maggio prossimo. La premura è evitare che violenze non denunciate abbiano tragici epiloghi o che l’intervento giudiziario arrivi comunque troppo tardi. E il punto di partenza è la consapevolezza che un efficace contrasto è possibile solo con la “responsabilizzazione di tutti gli attori istituzionali e non, in grado di contribuire a svelare in tempo utile forme sommerse di violenza”.

E così se la prima sollecitazione di Palazzo dei marescialli a tribunali e procure è quella di affidare questo tipo di procedimenti a gruppi e sezioni specializzate, l’attenzione va oltre i palazzi di giustizia. Occorre che le procure si facciano carico anche della formazione della polizia giudiziaria che per prima riceve le denunce delle donne e che va istruita su come operare: evitando per esempio, nel caso in cui la donna è vittima della violenza del marito, “impropri interventi di mediazione” per far riconciliare la coppia. E che stringano rapporti con presidi sanitari, servizi sociali, centri antiviolenza.

Proteggere la vittima, anche nelle aule giudiziarie, è un altro degli imperativi. Occorre scongiurare, sostengono i consiglieri, il contatto visivo con l’autore del reato, utilizzando un paravento o, ancora meglio, ricorrendo alla video-conferenza. E nell’attesa della deposizione, la donna vittima di maltrattamenti va tenuta in una sala lontana dall’aula di udienza, per tutelarla dal rischio di intimidazioni e ritorsioni.

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