Pensioni: Ue bacchetta l’Italia. Spesa alta, rischio povertà

Un momento della manifestazione nazionale per pensioni e lavoro organizzata dalla CGIL
Un momento della manifestazione nazionale per pensioni e lavoro organizzata dalla CGIL a Torino. ANSA / ALESSANDRO DI MARCO

BRUXELLES. – Anche se l’Italia spende molto per le pensioni, resta una “protezione contro la povertà inadeguata” con rischi per chi ha una carriera corta o con interruzione, di fronte a cui servono misure “per rafforzare la capacità distributiva dei regimi pensionistici e meglio integrarli con regimi supplementari”. E’ l’analisi che fa la Commissione Ue nel suo Rapporto 2018 sui sistemi pensionistici, a cui la Uil ha ribattuto che la spesa è “stabile ed ampiamente sostenibile” e “perfettamente in media” con gli altri Paesi.

Le riforme del 2009-2011 secondo il rapporto Ue “hanno contribuito a due sviluppi principali: l’effetto ‘dentro i vecchi fuori i giovani'” e al “netto aumento della disoccupazione tra gli over 50”. Le riforme Renzi-Poletti invece, hanno puntato sul facilitare i pensionamenti anticipati con l’Ape e l’aiuto agli esodati per risolvere questi nodi.

La situazione attuale mostra quindi che, se da una parte “l’alta spesa pensionistica assicura un relativamente alto livello in media di sicurezza economica”, dall’altra il “sistema pensionistico non fornisce una forte protezione contro la povertà”, anche se “gli anziani stanno relativamente meglio delle controparti più giovani” e dove le donne “se la passano sistematicamente peggio degli uomini”.

Infine, sottolinea la Commissione, il rapido aumento dell’età pensionabile “solleva questioni” sull’interazione tra aspettative di vita lavorativa più lunghe, mercato del lavoro e servizi sociali. Per Bruxelles, quindi, “devono essere prese misure per migliorare la capacità di assorbimento del mercato del lavoro italiano e affrontare gli effetti collaterali negativi”.

Con un corollario che dimostra che le più discriminate sono le donne: “dato il notorio sottosviluppo dei servizi per la cura della persona, le lavoratrici che hanno visto un aumento di 7 anni su 7 anni dell’età pensionabile tra 2012 e 2018, molto verosimilmente incontreranno gravi problemi nel conciliare i doveri di cura familiare con una vita lavorativa più lunga”.

Due, quindi, le conclusioni del rapporto Ue. Primo, “è necessaria una rigorosa valutazione delle misure introdotte dalla riforma del 2016” per capire “se e sino a che punto” risolvono la questione della povertà. Servono inoltre “alcune misure” per “contenere o eliminare l’impatto regressivo” degli attuali requisiti “molto più rigidi per il pensionamento”.

In particolare dovrebbero essere eliminate o sostanzialmente allentate le soglie che non consentono a chi ha una pensione bassa di andare in pensione all’età pensionabile standard o di essere prepensionato. E poi dovrebbe essere meglio calibrato il principio che traduce l’aumento dell’aspettativa di vita in un pari aumento dell’età pensionabile, adattandolo invece alle categorie di lavoratori e alla situazione di salute. Infine, servono misure “per ridurre le penalizzazioni per chi ha una carriera frammentata”.

Ed è qui che “il ruolo dei regimi integrativi” deve essere riconsiderato. Per la Uil, infatti, “è bene continuare a modificare la Legge Fornero, per garantire una maggiore flessibilità di accesso alla pensione intorno ai 63 anni e favorire un concreto rilancio e un rafforzamento della previdenza complementare”.

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