Ormai è guerra aperta tra Renzi e Franceschini, fantasma urne

Franceschini e Renzi

ROMA. – Il fantasma di elezioni anticipate, addirittura a settembre/ottobre, che si è affacciato dopo il “niet” di M5s a un governo di tregua, ha riacceso il conflitto interno al Pd, dopo solo un giorno dal voto unitario in favore del reggente Maurizio Martina in Direzione.

Urne a breve termine, infatti, pongono il tema delle liste e di chi le compone, e quindi della guida del partito, con l’Assemblea nazionale di maggio che diventa il nuovo campo di battaglia tra l’area che fa capo a Matteo Renzi e le altre componenti Dem. Correnti che si compattano sull’attacco di Dario Franceschini che liquida come “sbagliata e superficiale” l’attacco a Beppe Grillo sull’euro.

L’ex segretario ha fatto sentire nuovamente il proprio peso, commentando con un “avevo ragione io” l’uscita di Beppe Grillo che ha rilanciato il referendum sull’Euro. Molti parlamentari renziani hanno ribadito il concetto: l’esternazione di Grillo conferma l'”impossibilità” dell’intesa di Pd con M5s. “Sono orgoglioso di aver contribuito a evitare l’accordo tra il Pd e M5S. La coerenza vale più delle poltrone” ha detto Renzi, con una frase che allude alle accuse rivolte dai suoi fan a Franceschini e Orlando, di pensare solo alle poltrone.

Una frase urticante che si è aggiunta a un post dei fedelissimi sui social: “Fermata la deriva del partito verso un governo con i pentafascisti: #senzadime, la prima campagna renziana in rete ha funzionato”. Post che fa capire che i fan dell’ex segretario non intendono rinunciare in futuro a delegittimare le posizioni diverse che emergeranno nel partito. Le correnti trasformate in “tifoserie” ha preoccupato il Comitato 5 maggio per la rinascita del Pd, un gruppo di oltre 400 autoconvocati romani che infatti hanno lanciato un appello a superare il “clima da stadio”.

Anche per questo Franceschini ha subito risposto a Renzi: “La sua riflessione è superficiale e sbagliata”. La sterzata populista di Grillo e M5s dimostra che era giusto un “dialogo” proprio per avvicinarli a una cultura di governo. Più che rilanciare un accordo ormai sepolto, si spiega, l’altolà serve a marcare il territorio, a far capire a Renzi che non è il padrone del partito.

Anche il padre del Pd, Walter Vetroni, ha criticato l’Aventino di Renzi: “Io sarei andato da Mattarella a dirgli ‘scegli una persona di qualità’. Un uomo come Raffaele Cantone, con attorno a lui un governo di qualità, con il consenso di Pd-Leu-M5S, ma con un contenuto di innovazione e di sfida”.

Anche il reggente Maurizio Martina, parlando con i deputati a lui vicini, ha detto di essere “preoccupato per la situazione. Ora il rischio di un ritorno alle urne è sempre più alto e l’incertezza sul Paese crescerà”. Senza un miracolo di Mattarella le urne si avvicinano, il che drammatizza l’Assemblea di fine maggio che dovrà scegliere se avviare subito il congresso o eleggere un segretario.

I renziani puntano sull’elezione di Graziano Delrio, che tuttora schiva la proposta, puntando sul suo essere “diversamente renziano”, ma le altre componenti sono già in dialogo tra loro per chiedere il Congresso subito, anche per non lasciare a un renziano la compilazione delle liste.

Per strappare il congresso serve un nome alternativo al candidato di Renzi, ed è stato chiesto a Martina di non tirarsi indietro. Se si arrivasse a una conta in Assemblea i numeri sulla carta sono con Renzi, ma le altre aree puntano sul fatto che anche tra i renziani molti sono favorevoli al congresso, Delrio compreso.

(di Giovanni Innamorati/ANSA)