Nuovo tentativo di Salvini con M5s, ma alleati scettici

Di Maio e Salvini

ROMA. – Matteo Salvini rilancia il dialogo con i Cinque Stelle, invitandoli a fare un governo politico, che entro dicembre si occupi delle emergenze del Paese, dal blocco degli sbarchi, al congelamento dell’Iva al ripensamento del bilancio Ue. Apre anche molto più esplicito all’ipotesi di una legge elettorale che “mandi al governo chi prende un voto di più”, con un premio a favore della prima lista o della prima coalizione.

Questo ennesimo appello viene accolto con scetticismo da Fi, che ormai appare sempre più rassegnata a un ritorno alle urne in tempi brevi. Via libera, invece, da parte di Fratelli d’Italia. Giorgia Meloni si dice “non ostile” al fatto che M5s possa appoggiare “un governo di centrodestra”.

La coalizione, nel week end, terrà un vertice, come ormai d’abitudine prima di salire al Colle. Ma nessuno si fa grandi illusioni circa il successo di questo ennesimo giro di consultazioni. Tanto che lo stesso leader leghista ammette che se M5s “non ci sta resta solo il voto”. Salvini torna comunque a presentarsi come paziente tessitore di un’intesa, ribadendo che sin dall’inizio di questa crisi, non è mai stato lui a porre veti ma le altre forze politiche.

“Da due mesi sto provando a dialogare con i Cinque stelle: devo portargli la colazione al letto? Più di escludere ogni rapporto con il Pd cosa posso fare?”, lamenta, al termine della segreteria federale, in una nuova tappa di questo eterno gioco del cerino. I suoi paletti sono sempre gli stessi: nessun rapporto con il Pd, no a un ‘Monti bis’, non c’è spazio per un altro governo tecnico, torni la politica in grado di far fronte alle emergenze del Paese.

Com’è noto, a differenza di Di Maio, lui è disponibile a fare un passo di lato: “Io sono pronto, ma come me ce ne sono altri dieci in grado di guidare il Paese, anche tra i non eletti”. Frase che inevitabilmente offre nuova linfa al totonomi. Sono tanti gli esponenti dell’aria ‘sovranista’ a cui pensa Salvini. Quello che deve essere chiaro, sottolinea, è che la Lega non è disposta ad appoggiare esecutivi guidati da “dame di compagnia della Commissione”.

“Non accetto fax da Bruxelles o presidenti telecomandati”. Non raccoglie nemmeno la suggestione lanciata da Beppe Grillo a favore di un referendum sull’euro. Sa che si tratta di una materia sensibile nei rapporti con il Colle. Così taglia corto, derubricando l’ipotesi come “un interessante dibattito filosofico per i prossimi anni”. Ora, ammonisce, dobbiamo fare cose concrete, come “respingere in toto la bozza del bilancio europeo”.

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