Castellitto è “Moro – Il Professore”, lezione della mitezza

Una foto di scena tratta dalla docufiction 'Il Professore' di Francesco Miccichè con Sergio Castellitto che andrà in onda su Rai1 l'8 Maggio, Roma, 45 maggio 2018. ANSSA/ UFFIO STAMPA

ROMA. – L’ultima scena vede Castellitto nei panni di Aldo Moro al Senato che esalta la carica innovatrice dei giovani e ricorda che governare vuol dire creare una nuova condizione umana. Quel Moro parla all’oggi, scuote le coscienze per ricordare che è ai giovani che si deve pensare, sono loro il nostro futuro. “La morte di Aldo Moro ci ha lasciati orfani di una possibilità di analisi, politica, culturale, universitaria di almeno 20 anni. Se non è un crimine questo…”.

A Sergio Castellitto il compito di far rivivere sul piccolo schermo, su Rai1 l’8 Maggio, non solo lo statista ma anche il docente, il giurista di lungo corso e ordinario alla Sapienza. L’attore, protagonista della docufiction Aldo Moro – il Professore per la regia di Francesco Miccichè ricorda: “Il 16 marzo del 1978 stavo per entrare al Teatro Argentina e ricevetti la notizia dell’agguato di via Fani. Frequentavo il Centro Sperimentale di Cinematografia. Quel giorno di 40 anni fa hanno tolto la giovinezza a me e a un’intera generazione. Poi, la vita di attore mi ha dato l’opportunità di lavorare in questo film”.

Un progetto che vede il coordinamento editoriale di Giovanni Filippetto, la consulenza storica di Giorgio Balzoni (che ha scritto un libro e si è laureato con Moro negli anni Settanta, giornalista parlamentare dal 1980), con sceneggiatura firmata da Franco Bernini con la collaborazione di Giovanni Filippetto e Francesco Miccichè. Si tratta di una coproduzione Rai Fiction – Aurora Tv di Giannandrea Pecorelli.

Il film per Castellitto ha un merito particolare ovvero quello di “combinare alla perfezione le parti emotive e divulgative che lo compongono. La tragedia di Moro – prosegue – è piena di punizioni. Rileggendo le lettere. Sono rimasto colpito dal fatto che le ultime parole da lui scritte siano state ‘luce’ e ‘bellissimo’. Anche questa è una lezione. L’ultima lettera termina con una opportunità: “se ci fosse luce, sarebbe bellissimo”.

Era talmente forte il rapporto che Moro aveva creato con i suoi studenti che indirizzò a loro una sua lettera dalla prigionia, porgendo loro il suo saluto affettuoso e il rammarico di non poter andare oltre nel corso. Quale insegnamento può lasciare Moro ai giovani di oggi? “La mitezza – risponde l’attore – una lezione molto autorevole. Perchè è la capacità di ascoltare gli altri, facendo in modo che il tuo pensiero nasca da ciò che tu hai ascoltato. Oggi i politici aspettano che l’altro finisca di parlare solo per poter replicare loro con un discorso precotto”.

Ma il regista svela: “I quattro attori che interpretano gli studenti di Moro non ne sapevano proprio nulla della vicenda, ma questo ci ha fatto capire come spiegare al pubblico la storia”. Castellitto: “Il film è prezioso perché rivela”. “La Rai – ha detto il dg Mario Orfeo – tiene molto a celebrare questo 40esimo anniversario: il 16 marzo abbiamo presentato il documentario ‘Cronaca di un sequestro’. Ci sarà poi un approfondimento del caso Moro grazie a Michele Santoro” ha aggiunto.

Orfeo ha spiegato come La Rai tutto ciò lo ha realizzato “con particolare affetto e nostalgia: si avverte molto, oggi più di prima, l’assenza della lezione politica di Aldo Moro. Per questo ci teniamo a mantenere sempre viva la sua memoria”. Eleonora Andreatta ha fatto notare: “Abbiamo scelto di mettere al centro un aspetto inedito dell’esperienza umana e professionale di Moro, di uscire dall’inchiesta sul rapimento, e di raccontare principalmente il suo rapporto con gli studenti del suo corso universitario e la grandissima eredità che lascia con le sue parole ed il suo esempio”.

Il film illustra tra l’altro le sue lezioni, il suo senso delle istituzioni e della giustizia, l’idea di politica come servizio del Paese, il confronto anche duro, la visita al carcere di Civitavecchia, quella al manicomio criminale di Aversa, la cena sulla spiaggia di Terracina e poi il loro filo conduttore attraverso i giorni del sequestro. Ci sono tre momenti in cui Castellitto guarda in macchina: “Una rottura nella drammaturgia – ha spiegato l’attore – che chiede allo spettatore di dire qualcosa su quello che si sta vedendo. Qualcosa che noi dovremmo cercare realmente di capire”.

(di Nicoletta Tamberlich/ANSA)

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