I dazi non fermano la Cina, surplus aprile con Usa 22,19 miliardi

Due militari cinesi osservano una nave container entrare in porto. Cina
Due militari cinesi osservano una nave container entrare in porto.

PECHINO. – Nonostante i dazi e le minacce di altre misure allo studio dell’amministrazione Trump, il surplus commerciale della Cina verso gli Usa sale ad aprile di circa 7 miliardi di dollari, a quota 22,19, dai 15,43 miliardi di marzo. Il dato è più sorprendente se comparato con l’interscambio commerciale di Pechino col mondo: saldo positivo ad aprile per 28,79 miliardi, negativo a marzo per 4,98 miliardi. Mentre nei primi 4 mesi del 2018 il surplus di Pechino è di 80,4 miliardi con Washington dai 70,9 miliardi nello stesso periodo 2017.

In altri termini, lo scenario porta altre motivazioni a chi, nell’ amministrazione Trump, spinge per la “correzione” di rotta. “L’enorme” squilibrio commerciale della Cina è un problema strutturale che va inquadrato sul lungo termine e da vedere con razionalità, ha riportato nel weekend la rivista finanziaria Caixin, citando il governatore della Banca centrale cinese (Pboc) Yi Gang che ha sollecitato le parti “a sforzi concertati” per risolvere quanto prima le dispute commerciali.

Per tale scopo, dopo il primo giro di incontri della scorsa settimana a Pechino con la delegazione Usa guidata dal segretario al Tesoro Steven Mnuchin, il vice premier Liu He ricambierà la visita la prossima settimana recandosi a Washington per un secondo round, in base all’annuncio fatto ieri dalla Casa Bianca. Liu, advisor economico del presidente Xi Jinping, ha guidato la parte cinese a Pechino, in una due giorni di confronto che non ha all’apparenza favorito grandi passi in avanti, lasciando aperta la possibilità che i dazi americani per 50 miliardi di dollari alle importazioni dalla Cina diventino operative.

L’incontro, secondo gli analisti, è servito per “illustrare” le rispettive posizioni: gli Usa hanno chiesto di tagliare il deficit di 200 miliardi entro la fine del 2020, contro un “rosso” 2017 che il Census Bureau ha stimato in 375,2 miliardi. In più, Mnuchin ha chiesto il blocco degli enormi sussidi statali alle industie del piano “made in China 2025” che vuole fare di Pechno una potenza mondiale in settori hi-tech, quali l’intelligenza artificiale, le auto a nuova alimentazione energetica e a guida autonoma, e l’elaborazione dei Big Data.

Il governo cinese, da parte sua, ha diffuso venerdì una breve nota chiamando i negoziati “schietti”, replicato dal “franchi” segnalato nella nota della Casa Bianca. La Cina ha chiesto, tra le altre cose, lo stop al ricorso alla “section 301”, alle indagini nelle politiche industriali e commerciali della Cina, e la rimozione delle restrizioni all’ export di prodotti tecnologici verso la Cina.

L’indagine ex “section 301” ha maturato la lista di dazi da 50 miliardi che ha messo nel mirino in prevalenza macchinari ed elettronica. I media cinesi hanno rimarcato che ai colloqui di Pechino è cambiato “l’ingaggio”. Le parti hanno deciso di ricominciare a parlarsi invece di agire con “rappresaglie”: c’è la speranza ha scritto nel weekend il Quotidiano del Popolo, ‘voce’ del Partito comunista, che “le due nazioni si allontanino dal conflitto e muovano verso le consultazioni”.

(di Antonio Fatiguso/ANSA)

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