Aziende italiane: occhi puntati sulla sfida Iran-Trump, rischi investimenti

ROMA. – Non solo petrolio, ma anche meccanica, engineering, componentistica e infrastrutture. Sono alcuni dei principali settori di investimento e scambio che le imprese italiane hanno con l’Iran. Un rapporto non facile, fra sanzioni e tensioni interne al paese, che potrebbe ulteriormente complicarsi con le ricadute della sfida in atto fra Washington e Tehran. Alla quale guardano, col fiato sospeso, le aziende italiane ed europee.

Il settore economicamente più rilevante è ovviamente quello del petrolio, dove il soggetto coinvolto al massimo livello è l’Eni. Il Cane a sei zampe sbarcò in Iran nel lontano 1957 e, da allora, ha messo a segno colpi importanti, ma le sanzioni hanno di fatto bloccato ogni sviluppo. Per tornare, l’ad Claudio Descalzi aspetta la revisione del sistema contrattuale e l’effettiva uscita del Paese dalle sanzioni.

Tra gli altri settori di sicuro interesse, come è emerso nella missione dell’agosto 2015 guidata dall’allora ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, spiccano le autostrade, l’alta velocità, l’ambiente, le rinnovabili, la meccanica, i materiali edili, l’automotive, il medicale, ma anche elicotteri, navi, servizi finanziari, gioielleria, pelletteria, food.

Un occhio particolare è riservato alle infrastrutture, comparto di eccellenza italiana e in grande sviluppo in Iran. Ad oggi l’interscambio (primi 9 mesi 2017) ha abbondantemente superato i 3 miliardi e appare in netta ripresa. E la presenza ‘tricolore’ annovera marchi come Fs, Ansaldo, Danieli, Fata, Maire Tecnimont, Immergas.

Di gennaio di quest’anno inoltre è l’accordo quadro di finanziamento siglato fra Invitalia Global Investment e due banche iraniane per 5 miliardi, per sbloccare vari progetti di investimento e partnership. Accordo che coinvolge le iraniane Bank of Industry and Mine e Middle East Bank, per progetti di costruzioni e manifatturieri, con l’uso di tecnologia, macchinari e servizi tecnici e ingegneristici italiani.

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