Alberta Basaglia: “Mio padre cambiò la storia”

I ricordi della figlia: "Non era un sognatore, ma un realista"

TRIESTE. – “Non mi lego molto agli anniversari, però se se ne parla è importante”. Alberta Basaglia, la figlia del grande psichiatra Franco, ricorda di aver “vissuto tutta la storia”, adopera un termine di particolare intensità: “Vi ho partecipato”. E il ricordo del padre è quello “non di un sognatore ma, al contrario, di un uomo realista. Un uomo che ha cambiato la storia”.

E’ l’uomo grazie al quale il 13 maggio di 40 anni fa fu varata la Legge 180 che chiuse i manicomi. Alberta ripercorre le tappe della sua infanzia, della giovinezza: Gorizia, quando i ricordi si fermano a una città a misura di bambino: “La amavo tantissimo perché si viveva bene, era un’esperienza diversa da quella degli altri bambini”. Poi la Trieste della rivoluzione basagliana, vissuta “più per scelta che per obbligo”.

Come dimenticare quando, diciottenne, sedette sotto il grande Marco Cavallo, l’equino di legno di colore azzurro e con le ruote, che segnò l’apertura del manicomio e dalla collina di Trieste scese in città un corteo variegato e strambo come non si era visto nemmeno durante la guerra. “Si chiama così perché nell’ospedale c’era davvero un cavallo e i matti lo chiamavano Marco”, dunque quello di legno teneva ingoiati “nella pancia tutti i desideri dei matti”.

Una presenza ingombrante quella di un padre come Franco? “Non so, certo, ho studiato Psicologia e alla seduta laurea volli che non venisse. Ti immagini cosa significava mentre discutevo sapere che a pochi metri c’era Franco Basaglia che attendeva sua figlia?”

E come è finita? “Non è venuto, mi ha inviato un telegramma”.

Lo psichiatra sosteneva “che i matti non possono stare chiusi né legati, quello della follia è un problema di tutti e tutti devono occuparsene”.

Che significa: “La società deve darsi una organizzazione, fornire servizi per queste persone”.

A 40 anni di distanza? “Oggi non è facile, per questo ambito come per gli immigrati e per il diverso in generale”, ma con la differenza che oggi non c’è quel “movimento anti istituzionale che fu il ’68” che diede la spinta a varie riforme come quella basagliana.

Una riforma che ha creato, pur tra difficoltà, un pensiero: “Oggi nessuno pensa che possa esistere un manicomio o che si possa chiudere i matti in un lager” anche se ciò di cui si sente più la mancanza è la “disponibilità all’ascolto, all’accoglienza”.

Alberta Basaglia, vicepresidente della Fondazione Franca e Franco Basaglia, lavora con i bimbi: “Hanno una immediatezza nei confronti della completezza delle cose che con il tempo si perde”.

Definitivamente: “Se riesci a rimetterti in quella logica, la riprendi”.

Per questo sono gli occhi di due bambine quelli che raccontano la storia del suo ultimo libro scritto con la giornalista Giulietta Racanelli, ‘I rintocchi della Marangona’.

(di Francesco De Filippo/ANSA)

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