Stracci nel Pd. Renzi: “Indicherò la via”. Sconcerto minoranza

Ancora street art in centro a Roma, quadro "The end, Pd" (Foto ANSA)

ROMA. – “Sabato 19 aprirò l’Assemblea nazionale spiegando quali sono a mio avviso le cause della sconfitta e come ripartire”. Manda in tilt il Pd, questa frase di Matteo Renzi. Perché con i nervi a fior di pelle e i rapporti ai minimi termini, basta poco a riaccendere la scintilla.

E mentre si litiga sull’Ilva e sull’approccio al governo dei “sovranisti”, i non-renziani accolgono con “sconcerto” le parole dell’ex segretario, vissute come il tentativo di continuare a dettare legge nel partito. E nella minoranza c’è chi comincia a pensare che, prima o dopo il congresso, ci si dovrà arrendere a separare le strade: un soggetto centrista e uno di sinistra.

Annunciare un discorso programmatico nell’Assemblea convocata per ratificare le sue dimissioni da segretario è, secondo i deputati vicini a Maurizio Martina, “l’ennesima forzatura” di Renzi. Giusto, anzi doveroso, che intervenga, sottolineano, avrebbe forse dovuto farlo anche in direzione. Ma ancora una volta l’ex leader si disinteressa delle scelte collegiali e sceglie solo per sé: nessuna polemica pubblica, ma lo sconcerto è tanto. C’è chi ne fa anche una questione di galateo: perché Renzi dovrebbe aprire l’Assemblea e parlare di Martina, che da reggente ha avuto la fiducia della direzione?

Ma al centro, c’è il tema del futuro del partito. Martina punta ad essere eletto segretario in assemblea, senza condizioni. I renziani vogliono il congresso in autunno o a inizio 2019, magari con Guerini ‘traghettatore’. Martina può restare, dicono i (pochi) mediatori, annunciando il congresso nel 2019 e l’intenzione di non candidarsi. “La ricreazione è finita: basta con pretestuose polemiche utili solo al posizionamento interno”, dice Matteo Orfini, rispecchiando l’idea di molti renziani che gli “anti” colgano ogni pretesto, incluso il governo M5s-Lega, solo per mettere da parte l’ex leader.

Renzi prima su Facebook poi nella sua newsletter annuncia “opposizione durissima”, sfida M5s e Lega a realizzare le loro “folli” proposte elettorali. E assicura che l’esecutivo giallo-verde non gli piace. Ma aggiunge che “piace agli italiani”, perciò “tocca a loro”, a dispetto di quel che pensa la Commissione europea.

Anche su questo però i governisti del Pd la pensano agli antipodi: “Nessuno di noi è euforico e io sono preoccupato”, rimarca Martina. Mentre Paolo Gentiloni, da premier, si dice “convinto che la stragrande maggioranza degli italiani non voglia deragliare” dall’impegno europeo e aggiunge che le risposte sovraniste sono “sbagliate”.

Nel partito le divergenze sono sulla linea futura: Martina evoca un “centrosinistra nuovo, che non sia ulivismo né macronismo” e Orfini dice “no alla sinistra perdente del passato” e alle “coalizioni larghe”. Ma anche sui dossier si litiga: Carlo Calenda, che ha dalla sua renziani e ministri, si scontra in campo aperto con Michele Emiliano, dopo lo stop al tavolo con i sindacati.

Nel futuro prossimo, però, il Pd teme di ritrovarsi ai margini in Parlamento: FI, in asse con la Lega di governo, potrebbe provare ad accaparrarsi le presidenze delle bicamerali e anche le vicepresidenze in quota opposizione.

(di Serenella Mattera/ANSA)

Lascia un commento