Dai migranti ai conti, trattative difficili in Ue

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La storia dell'umanità mostra che siamo tutti dei migranti

BRUXELLES. – Migranti e conti pubblici sono i due dossier bollenti in Europa per un’Italia a guida M5S-Lega. Anche se non è del tutto chiaro quali siano i Trattati Ue che Matteo Salvini vorrebbe davvero “rinegoziare”, il leader del Carroccio sembra riferirsi in particolare agli obblighi imposti dal Patto di stabilità, dal Regolamento di Dublino e dall’Accordo di Schengen.

In campagna elettorale si è infatti parlato più volte di “sforare il tetto del 3%”, per finanziare flat tax, reddito di cittadinanza e far marciare a pieno regime il motore dell’economia; mentre non più tardi di ieri il capo della Lega ha ribadito la volontà di avere “mani libere” sulla politica migratoria, che inevitabilmente avrà riflessi sull’area di libero scambio e libera circolazione (Schengen).

Di fatto i parametri di Maastricht, recepiti dal Patto di stabilità, imbrigliano il deficit di bilancio al di sotto del 3% nel suo rapporto con il Pil, limitando il debito pubblico a valori inferiori al 60% del Pil. Il Regolamento di Dublino invece, che da oltre due anni l’Europa cerca di riformare con scarsi risultati, è una pietra miliare del sistema comune d’asilo, e serve a stabilire quale sia il Paese responsabile a trattare la richiesta di ingresso in Ue di cittadini di Paesi terzi.

Infine, l’accordo di Schengen, con cui dal 1985 sono stati progressivamente eliminati i controlli alle frontiere interne, con l’introduzione della libertà di circolazione per cittadini e merci di tutti i paesi firmatari. L’Italia ne è entrata a far parte nel 1990. Da oltre due anni il sistema funziona a metà, dopo gli attacchi terroristici e le crisi migratorie. Secondo il suo programma, la Lega vorrebbe tornare ad uno “status pre-Maastricht”.

Cioè precedente al trattato sull’Unione europea, firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992, ed entrato in vigore il primo novembre 1993, che ha segnato una nuova tappa nell’integrazione europea, avviandone l’integrazione politica.

Tornare a quella situazione significherebbe in pratica il ripristino della “sovranità economica e monetaria”, con una competenza esclusiva sulla “politica commerciale”, attualmente gestita in modo unitario dalla Commissione, e della “sovranità territoriale”, con buona pace del Trattato di Schengen e del Regolamento di Dublino. Ma la revisione dei Trattati non è cosa da poco.

Dopo le modifiche introdotte col Trattato di Lisbona, sono previste due diverse procedure, una ordinaria e l’altra semplificata. Entrambe iter complicati, e comunque sempre vincolati alla ratifica finale da parte di tutti gli Stati membri.

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