Nicaragua: tensione resta alta alla vigilia del dialogo

Un'immagine d'archivio delle proteste in Nicaragua: una ragazza avvolta dalla bandiera del Nicaragua affronta uno schieramento di polizia.
Immagine delle proteste in Nicaragua. (Archivio)

MANAGUA. – Alla vigilia dell’inizio del “dialogo nazionale” proposto dal presidente Daniel Ortega e gestito dalla Conferenza episcopale, la tensione resta alta in Nicaragua, dove l’opposizione al governo intende mantenere la sua protesta di piazza, per chiedere giustizia per le vittime della repressione.

Rappresentanti del movimento studentesco, dei contadini organizzatisi contro il progetto di canale interoceanico del governo e altri settori della società civile hanno diffuso una dichiarazione comune, nella quale hanno confermato che parteciperanno al dialogo, anche se -come hanno già detto i vescovi- “le condizioni non sono quelle idonee”.

“Esigiamo la fine immediata della repressione, l’attacco e l’assedio della popolazione da parte del governo, attraverso i suoi gruppi paramilitari”, si legge nella dichiarazione, nella quale si sottolinea l’importanza di “dare una giustizia giusta” per i morti nelle proteste che si susseguono da quasi un mese, almeno 45 ma che potrebbero anche essere più di 60, in assenza di un bilancio ufficiale di vittime.

La Chiesa nicaraguense aveva fissato quattro condizioni per accettare di mediare nel dialogo proposto da Ortega, ma solo la prima è stata ottenuta: il governo ha accettato l’invio di una missione del Consiglio Interamericano per i Diritti Umani (Cidh) per controllare la situazione nel paese.

Monsignor Silvio Baez, vescovo ausiliare di Managua, ha assicurato da parte sua che “il dialogo non è alternativo alla pressione popolare pacifica, né una capitolazione davanti alla repressione che soffre il popolo” e non diventerà “un tentativo di tornare alla tranquillità artificiale di qualche settimane fa”.

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