Mariani: “12mila italo-venezuelani sono emigrati in Spagna”

Intervistato dalla Voce, Pietro Mariani, presidente del Comites di Madrid, ci parla della presenza di tanti giovani italo-venezuelani nella penisola iberica e delle difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro.  Gli italo spagnoli, una comunità che sta recuperando la voglia di stare insieme. Preoccupazione per i giovani figli d’emigranti.
Intervistato dalla Voce, Pietro Mariani, presidente del Comites di Madrid, ci parla della presenza di tanti giovani italo-venezuelani nella penisola iberica e delle difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro.  Gli italo spagnoli, una comunità che sta recuperando la voglia di stare insieme. Preoccupazione per i giovani figli d’emigranti.

MADRID – “I dati di cui disponiamo, che sono poi quelli ufficiali pubblicati dall’Istituto di Statistiche spagnolo, indicano che al 31 dicembre 2017, gli italo-venezuelani con residenza in Spagna erano oltre 12mila. Di questi, il 51 per cento sono donne e il resto uomini. Sulla loro età non ho nulla di concreto. Si suppone, comunque, che oscilli tra i 35 e i 40 anni, L’età media degli italiani residenti in Spagna è di 40 anni”.

Sicuro e preciso, Pietro Mariani, presidente del Comites di Madrid, snocciola numeri che, come egli stesso ammette, conosce ormai a memoria. Ci riceve in un amplio salone  che sarà, in futuro, sede dell’istituzione che presiede. Come altri Comites nel mondo, anche quello di Madrid, dopo i tagli al suo budget, si è dovuto adeguare ad una nuova realtà.

– Dai numeri che ci ha presentato si deduce che la diaspora italo-venezuelana che sbarca in Spagna sarebbe composta, in prevalenza, da donne. A cosa attribuisce questo fenomeno che, a prima vista, può sembrare in controtendenza rispetto ai flussi migratori del passato?

– In effetti è strano – ammette -. Generalmente l’emigrazione è soprattutto maschile. E’ l’uomo ad avventurarsi e la donna poi lo raggiunge. La nostra comunità, di fatto, è costituita per un 60 per cento da uomini.

Pietro Mariani ci spiega che, comunque, non è una tendenza strettamente venezuelana.

– Si ripete nel caso di altre comunità latinoamericane – precisa. – Forse le donne latinoamericane hanno più coraggio.

– Quali sono le difficoltà alle quali va incontro un italo-venezuelano quando decide di solcare l’oceano e sbarcare in Spagna?

A questo proposito il Presidente del Comites non ha dubbi: il primo passo che deve fare è l’iscrizione all’Aire, l’anagrafe degli italiani residenti all’estero. Poi, anche se in possesso del passaporto italiano, quindi cittadino dell’Unione Europea, deve fissare la residenza in Spagna, per accedere al mondo del lavoro.

– L’amministrazione spagnola, per poter dare la residenza ufficiale che permette di avere il permesso di lavoro, esige che siano soddisfatti alcuni requisiti. E’ necessario dimostrare di avere risorse economiche per poter vivere mentre si trova un’occupazione. E per questo è necessario contare con minimo di 6mila euro. Poi deve dimostrare di avere un domicilio legale. In questo caso o affitta un appartamento o va a vivere da un amico. Infine, è necessaria una assicurazione che dimostri che non graverà sulla sanità pubblica del paese. Sono, tutti questi, dei requisiti indispensabili.

Non è tutto. Il presidente del Comites di Madrid aggiunge che emigrare in Spagna diventa più semplice se si ha una preparazione specifica, in particolare in professioni tecniche. Ciò permette un più facile inserimento nel mondo del lavoro.

– Bisogna tener conto – avverte – che in Spagna l’occupazione è tra le più basse d’Europa. E lo è, in particolare, nella fascia d’età sotto i 29 anni. Non importa – sottolinea – se si ha o no una laurea. La disoccupazione in Spagna è un freno. Molti giovani italo-venezuelani – prosegue – preferiscono il paese per una comodità linguistica. Tanti non conoscono l’italiano e altri non hanno sufficiente dimestichezza con la lingua, quindi scelgono la Spagna. In Italia avrebbero maggiori difficoltà ad inserirsi. Questa è la realtà. Ma la conoscenza delle lingue è indispensabile. Un giovane che parla correttamente lo spagnolo, l’italiano e l’inglese avrà sicuramente maggiori possibilità di una buona collocazione nel mondo del lavoro rispetto ad altri che invece conoscono solo lo spagnolo.

Illustrate le difficoltà, viene spontaneo chiedersi: a questo punto cosa propone il Comites? Cosa sta facendo per venire incontro a questa ondata migratoria, frutto delle circostanze di un paese, il Venezuela, che nonostante le ingenti quantità di valuta pregiata ricevuta negli ultimi vent’anni dalla vendita di greggio, ha visto crescere la povertà? La crisi, in Venezuela, ha cancellato d’un colpo il sogno di un futuro migliore e alimentato le frustrazioni di tanti nostri giovani professionisti con ambizioni, ai quali il Paese non può  più offrire una vita dignitosa.

– Il Comites attuale – chiarisce immediatamente – non ha mai attivato un servizio di assistenza all’emigrante. In cambio, quello precedente lo fece in occasione dell’ondata migratoria argentina. Allora si creò una borsa di lavoro che per due o tre anni aiutò gli italo-argentini ad inserirsi nell’ambito lavorativo spagnolo. Concluso quel fenomeno, finita la pressione degli italo-argentini, l’iniziativa fu abbandonata. Fu interrotta attorno al 2008, 2009. Ricordo che allora facemmo anche corsi di italiano che permisero, a chi lo desiderava, di tornare in Italia.

Afferma che il Comites attuale non offre questo servizio ma collabora con altri enti italiani, ad esempio con la Camera di Commercio e con la Società di Beneficenza Italiana.

– Loro, più di noi – ammette -, ricevono richieste di informazioni. Alla nostra Camera di Commercio, ad esempio, si rivolgono i soci, aziende italiane e spagnole, che cercano personale di alto profilo professionale. Uno dei requisiti addizionali, oltre alla specificità della professione,  sempre, o quasi, è la conoscenza delle lingue. Chi ne parla correttamente tre, lo spagnolo, l’inglese, l’italiano o il francese è naturalmente favorito. Conoscere le lingue è un valore aggiunto importante che permette di trovare lavoro con maggiore facilità. Noi svolgiamo un’attività di sostegno. Dirottiamo verso la Camera di Commercio le richieste di lavoro e la Camera le inserisce nella sua “Borsa di Lavoro”

Con la Sib, invece, la collaborazione è assai diversa. Infatti, Mariani spiega che “il Comites non ha la possibilità di erogare denaro”.

– Ci è proibito per legge – sottolinea -. Anche se volessimo, non potremmo farlo. Ma esiste il Sib che si occupa esclusivamente di questo. Analizza i casi che gli si presentano e, se effettivamente c’è una urgenza impellente, provvede ad assistere il connazionale.

Per chi si perde per le strade di Madrid, tra viali e vicoli, è frequente ascoltare parlare in italiano. Non sempre si riesce a distinguere il residente dallo studente o dal turista. Chiediamo:

– Quali sono le caratteristiche della nostra comunità in Spagna, in particolare in quella di Madrid?

Mariani sorride. Dopo trent’anni di Spagna, di cui 15 occupandosi dei connazionali e della vita della Collettività, non ha difficoltà a rispondere. Presidente del Comites di Madrid, dopo esserne stato consigliere per vari anni e fondatore, assieme ad altri connazionali, del Circolo Ferdinando Santis, lo fa con molta chiarezza.

– La nostra emigrazione recente, fino al 2007 e 2008 poteva classificarsi di alta scolarizzazione. Un po’ legata al progetto Erasmus, era costituita in particolare da studenti che una volta concluso il ciclo formativo, per ragioni personali, decidevano di fermarsi e di inserirsi nel tessuto sociale e lavorativo del Paese. Da premettere che allora non esisteva il livello di disoccupazione attuale. Il lavoro si trovava subito e, una volta superate le difficoltà di carattere finanziario, l’inserimento era relativamente facile.

La crisi economica che ha colpito la Spagna ha reso tutto più difficile. La curva si è invertita. E gli stessi spagnoli sono obbligati ad emigrare in cerca di un miglior tenore di vita. Dal 2011, l’economia è tornata a crescere ed allora, agli studenti Erasmus si sono andati aggiungendo anche piccoli imprenditori.

– Chiudono le loro attività in Italia, per diverse ragioni, e vedono la Spagna come terra di un nuovo futuro – spiega -. Il settore della ristorazione è il preferito. Se prima c’erano mille ristoranti italiani, dico un numero a caso tanto per farci capire, ora ce ne saranno 10mila. arrivate anche molte famiglie. Cioè, non singole persone in cerca di avventura che poi trovano un compagno o una compagna e decidono di restare, ma famiglie intere. In particolare pensionati che si recano soprattutto nella costa sud della Spagna.  Si portano la loro pensione, e smettono di pagare le tasse in Italia. Con la pensione e prezzi dei prodotti assai contenuti, godono di una qualità di vita migliore di quella che avrebbero in Italia.

– E i legami con la Madrepatria?

– L’Italia è molto ben collegata. – sottolinea – Ci sono tanti voli low-cost e non solo verso Milano e Roma ma anche verso le città di periferia . Ad esempio, Palermo, Napoli, Bergamo, Venezia, Pisa… I voli low-cost quotidiani permettono di mantenere stretti legami con l’Italia. Oggi si può viaggiare al mattino e tornare a sera con costi bassissimi. Quindi, chi vive in Spagna, o più in generale in Europa, con due ore di volo è già a casa. Le combinazioni sono tante.

Ricorda, con un pizzico di nostalgia, quando decise di emigrare in Spagna. Trent’anni fa lasciare l’Italia era un’avventura. Lo era non solo per chi decideva di solcare l’oceano, ma anche per chi restava in Europa.

–  Allora – ci dice – da Cagliari dovevo andare a Roma o a Milano e da lì a Madrid. Non c’erano voli diretti e non esistevano le compagnie low-cost. Si viaggiava con Alitalia o Iberia e si pagava tantissimo. Oggi, poi, – aggiunge – c’è un elemento che non si può sottovalutare. Sono le reti sociali. In tempo reale puoi inviare un messaggio o una foto a un familiare oppure avere una video conferenza. Ad esempio, stando all’estero parlo con i miei fratelli molto più di quanto si parlino loro, vivendo nella stessa città e a pochi chilometri l’uno dall’altro. Sembra un nonsenso, ma la distanza avvicina, non allontana.

– Parliamo della nostra comunità in Spagna, e in particolare a Madrid. Quali sono le sue necessità, i suoi problemi?

Mariani risponde con prontezza. Trent’anni in Spagna, d’altronde, non sono trascorsi invano. Conosce molto bene la realtà della collettività: la sua consistenza, gli aspetti positivi e quelli negativi, le tante difficoltà che ha vissuto e che deve affrontare ancora. Ci parla con tono fermo, sicuro, scandendo le parole ogni qualvolta vuole dare una particolare enfasi alle proprie affermazioni.

– Gli italiani in Spagna sono circa 206 mila. Mi riferisco ai residenti. In ordine di importanza numerica, la prima comunità è la marocchina, che raggiunge quasi il milione. Segue la rumena, con circa 700 mila persone, quindi la cinese e poi l’italiana. La nostra comunità sta crescendo al ritmo del 10, 12 per cento l’anno, negli ultimi anni. Se questo trend dovesse mantenersi inalterato, l’anno prossimo supereremo i cinesi. Per quel che riguarda invece i problemi, questi sono fondamentalmente due. Il primo è il costo degli alloggi. Trovarne a buon prezzo è difficile. Se non hai un lavoro ben remunerato o un piccolo capitale devi andare a convivere con altri perché anche una mono-camera a meno di 600, 700 euro non la trovi. Se ricevi uno stipendio da mille euro i numeri non tornano. Ti parlo di una persona sola.

– E per una famiglia?

– E’ un’altra cosa – precisa -. Se non lavorano entrambi non riescono ad affittare un appartamentino di due stanze. Non ne trovi a meno di mille euro. E mille euro in Spagna è più dello stipendio medio di un lavoratore che, in genere, riceve sugli 800 euro. Ovviamente stiamo parlando di un lavoratore non specializzato. Quindi, o lavorano entrambi e portano a casa 1800 euro, mille per l’affitto e 800 per le spese, o non ce la fanno. I prezzi degli appartamenti sono aumentati perché si preferisce affittare ai turisti attraverso “Airbnb”. E’ più redditizio. Nelle grandi capitali, in particolare Madrid, Valencia, Barcellona, le Canarie, e Bilbao, dove c’è una grande affluenza di turisti, gli affitti sono lievitati anche del 50 per cento. Il secondo grande problema – prosegue -, è trovare lavoro. Come ho già detto, senza una preparazione specifica è assai difficile. Se è vero che in Spagna la disoccupazione ha raggiunto il 16 per cento, lo è anche che chi arriva in questo Paese deve lottare per un posto di lavoro con 4 milioni di spagnoli e il resto delle comunità di emigranti.

Dopo aver sottolineato le buone relazioni con la Cancelleria Consolare con la quale, rimarca, “il contatto è quotidiano”, con l’Ambasciata e con tutte le istituzioni italiane e della Comunità, ci dice che prossimamente la Circoscrizione Consolare di Madrid supererà i centomila connazionali. Quindi, il Comites, ora composto da 12 consiglieri, passerà ad averne 18.

– Se ora è assai complesso gestire un Comites di 12 membri – afferma -, figuriamoci come lo sarà con uno di 18. Toccherà al prossimo presidente. Io sono al mio secondo mandato, quindi per legge non potrò essere rieletto. Considero che i Comites devono essere costruiti in modo tale che in essi siano rappresentate tutte le categorie e non i soliti gruppi.

Illustra, quindi, un fenomeno che considera nuovo in Spagna: il desiderio degli italiani di ritrovarsi.

– Sta nascendo la voglia di stare insieme, la voglia di incontrarsi – spiega. – Prima non esisteva. Probabilmente è anche grazie alla nascita di tanti locali italiani in tutta la Spagna, che si sono trasformati in luoghi di riunione. Non sappiamo dove porterà questo nuovo fenomeno. Probabilmente a un miglioramento delle condizioni di tutti. Se si fa comunità, se si cresce assieme, se ci si aiuta, la collettività si sviluppa.

Grossa preoccupazione, per concludere, la esprime sui giovani figli d’italiani. Afferma che, dopo due o tre anni nel Paese, cominciano a perdere la lingua, a dimenticarla.

– Sta crescendo l’esigenza di mantenere la lingua italiana – assicura -. Nelle scuole, in Spagna, non si insegna l’italiano. Ora si sente la necessità di enti gestori. Non erano mai esistiti. Per ora ne è nato uno ma, siamo sicuri, che ne nasceranno altri in futuro.

Mauro Bafile

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