Erdogan con la folla in piazza: “Fermiamo Israele”

Recep Tayyip Erdogan tra la folla dei suoi sostenitori

ISTANBUL. – “Il mondo musulmano e l’umanità intera hanno fallito l’esame su Gerusalemme”. Al collo una sciarpa con la bandiera turca e la moschea di al-Aqsa, il presidente della Turchia Recep Tayyip Erdogan arringa la folla per la Palestina e per sé stesso.

A poco più di un mese dall’atteso voto anticipato del 24 giugno, che segnerà il futuro politico della Turchia, il ‘Sultano’ torna a prendersi la grande piazza di Yenikapi a Istanbul, diventata un simbolo dopo aver accolto l’oceanico raduno bipartisan post-golpe nell’estate del 2016. Come quel giorno, però, c’è solo il caldo soffocante, che decine di migliaia di persone sfidano nonostante il digiuno del Ramadan. Perché sul palco mancano i leader dell’opposizione, e a sfilare sono solo gli alleati piccoli e grandi di Erdogan.

Quando poi tocca a lui, la folla scatenata dalle accuse a “Israele terrorista e assassino” gli chiede di “guidarla fino a Gerusalemme”. “Dal 1947, Israele fa ciò che vuole, e oggi continua con la stessa noncuranza. Non possiamo nasconderci questa realtà. E con la decisione presa dagli Stati Uniti, è stata portata una nuova minaccia a Gerusalemme”, scandisce il leader di Ankara.

“La sola cosa che capisce un oppressore senza scrupoli è la forza. Se il mondo intero, tutti i musulmani si oppongono uniti a questa oppressione, a Israele non basterà il sostegno delle lobby”, è l’appello di Erdogan. La stessa bandiera che probabilmente tornerà ad agitare anche nel comizio di domenica prossima a Sarajevo, unica tappa della campagna elettorale in Europa, dove sono attesi almeno 10 mila sostenitori dalla Bosnia e dall’estero.

Nella piazza di Istanbul compaiono anche diversi leader stranieri giunti per il contemporaneo summit straordinario dell’Organizzazione della cooperazione islamica, convocato da Erdogan subito dopo il lunedì nero di Gaza. Ad ascoltarlo ci sono il presidente iraniano Hassan Rohani, il re di Giordania Abdullah II e l’emiro del Qatar al-Thani, mentre al microfono parla il premier palestinese Rami Hamdallah, che condanna il “grande errore” degli Stati Uniti con lo spostamento dell’ambasciata a Gerusalemme.

Dopo la piazza, tocca alla diplomazia. Dal vertice dei Paesi islamici arriva un impegno a impedire i “cambiamenti nello status della città storica” di Gerusalemme e un appello chiaro a tutte le cancellerie islamiche: “evitare che altri Paesi seguano l’esempio degli Usa”.

(di Cristoforo Spinella/ANSA)