Missione Governo: il Colle vuole nome, non ministri

Una veduta del Quirinale. Sul pennone la bandiera italian, europea e quella presidenziale.
Una veduta del Quirinale.

ROMA. – In 15 giorni l’Italia potrebbe avere il primo esecutivo della XVIII legislatura. Alla fine della prossima settimana il nuovo governo potrebbe già giurare; nella successiva entrare effettivamente in carica ottenendo la fiducia del Parlamento. Naturalmente questo percorso potrà dispiegarsi solo se Matteo Salvini e Luigi Di Maio rispetteranno la promessa di portare lunedì prossimo al Quirinale un nome da proporre all’esame del capo dello Stato.

Un nome, quindi. Perché di una lista di ministri pre-confezionata da Lega e Movimento Cinque stelle Sergio Mattarella non vuole proprio sentirne parlare. Perché, secondo l’articolo 92 della Costituzione, è il presidente della Repubblica a nominare i ministri su proposta del presidente del Consiglio. Ed è prerogativa del presidente discutere con il premier incaricato sui nomi che dovranno guidare i dicasteri del nuovo governo.

Chiarito tutto ciò, possiamo cercare di prevedere con piccoli margini d’errore la tempistica del nuovo governo. Ricevuto e vagliato il nome scelto da Lega-M5s, il presidente potrebbe prendersi una pausa di riflessione che è lecito immaginare non più lunga di 24 ore. Martedì quindi Mattarella può affidare l’incarico al designato che normalmente accetta “con riserva”, cioè si riserva di riferire al presidente se è riuscito a formare l’esecutivo.

Nel passato spesso l’incaricato ha usato lo strumento delle consultazioni, ma questa volta potrebbe non averne bisogno. E’ cosa nota l’importanza che Mattarella attribuisce alle scelte fondamentali di politica estera, di rispetto dei Trattati internazionali, sia europei che transatlantici. Quindi sui ministeri più sensibili a questi temi, come Esteri, Economia e Difesa, lo scambio di idee tra premier incaricato e presidente sarà strettissimo.

Ipotizziamo tre giorni per la composizione della lista di governo e arriviamo a venerdì 25 maggio. Il passo successivo è il giuramento al Quirinale (“Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell’interesse esclusivo della nazione”) che tradizionalmente, ma nessuna regola lo impone, avviene il giorno dopo, cioè sabato 26. Al massimo lunedì 28 maggio.

Immediatamente dopo il giuramento il presidente del Consiglio entra a palazzo Chigi dove avviene la cerimonia del passaggio di consegne con il premier uscente, Paolo Gentiloni. Viene chiamata “il passaggio della campanella” perché i due premier si scambiano il campanellino che dà inizio alla riunione del Consiglio dei ministri. Quindi entro la settimana successiva, cioè a cavallo tra maggio e giugno, può avvenire il passaggio finale, quello che fornisce propulsione e legittimità politica: la ricerca della fiducia parlamentare.

Ricordiamoci che in una democrazia rappresentativa come quella italiana gli unici eletti direttamente dal popolo sono i parlamentari. La norma vuole che non passino più di dieci giorni dal giuramento alla presentazione alle Camere, ma è prevedibile che il nuovo governo non si prenderà tutto il tempo a disposizione. Il neo-premier avrà certamente bisogno di qualche giorno per preparare il discorso al Parlamento ma mai come in quest’avvio di legislatura non dovrà dannarsi sul programma che di fatto è già stato puntigliosamente preparato dalla Lega e dal Movimento.

Ottenuta la fiducia il governo è finalmente pienamente operativo. Sarebbero comunque passati circa tre mesi dalle elezioni del 4 marzo: probabilmente un record visto che Giuliano Amato arrivò a palazzo Chigi “solo” 82 giorni dopo le elezioni.

(Di Fabrizio Finzi/ANSA)

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