Boeri: “Pensioni a quota 100 costa 15 miliardi, 20 a regime”

Il presidente dell'Inps, Tito Boeri, durante un suo intervento.
Il presidente dell'Inps, Tito Boeri. ANSA / CIRO FUSCO

ROMA. – Le proposte sull’accesso alla pensione contenute nel Contratto per il cambiamento firmato da Lega e M5s costano oltre il triplo di quanto previsto. I conti arrivano dal presidente dell’Inps, Tito Boeri, che spiega come permettere il pensionamento con quota 100 tra età e contributi o con 41 anni di contributi a prescindere dall’età costi il primo anno 15 miliardi per poi arrivare a regime a 20 miliardi l’anno.

Molto di più quindi, sottolinea, di quanto stimato nel Contratto che ipotizza bastino 5 miliardi per sostenere questo intervento sulla riforma Fornero. Un intervento che appare molto difficile da mettere in campo a maggior ragione dopo le raccomandazioni arrivate dall’Ue.

L’Unione, infatti, chiede all’Italia di ridurre il cuneo fiscale (tra i più alti nei paesi industrializzati) e la spesa pensionistica (tra le più alte in Europa) in particolare guardando alle pensioni più alte non coperte da contributi. L’Unione europea sottolinea inoltre che già le leggi di Bilancio 2017 e 2018 (con l’Ape sociale e il blocco di quota 67 per alcune categorie di lavoratori, ndr) hanno “invertito parzialmente” il percorso virtuoso fatto sulla previdenza.

Non bisogna quindi abbassare la guardia dato che la spesa pensionistica a causa dell’invecchiamento della nostra popolazione (la quota degli over 65 è più alta della media Ue) è destinata ad aumentare nel medio termine. Spesa su cui si sofferma anche il direttore dell’Osservatori sui conti pubblici dell’università cattolica del Sacro Cuore Carlo Cottarelli, che la stima in oltre il 16% del pil.

“Sul contratto di governo – ha spiegato Boeri sottolineando che l’introduzione della quota 100 significa extracosti di 15 miliardi il primo anno e di 20 miliardi a regime – c’è una cifra diversa, 5 miliardi. Per arrivare a questa cifra ci sarebbe bisogno di inserire finestre che impongano un ritardo di 15 mesi”.

Di fatto quindi con questa quota superiore a 101 (tra età e contributi) si potrebbero “ridurre i costi a 7 miliardi per il primo anno e a 13 miliardi a regime”. Si potrebbe poi inserire una previsione secondo cui potrebbero non essere considerati per il calcolo degli anni dei contributi quelli figurativi o i riscatti. “Bisognerebbe essere – ha concluso Boeri – molto espliciti, avere l’onestà intellettuale di dire cosa vogliono fare e che cosa c’è e cosa non c’è esattamente in quota 100”.

L’Unione europea ha chiesto non solo di non fare passi indietro per quanto riguarda i conti sulle riforme della previdenza fatte finora, ma anche di fare risparmi “sulle pensioni più alte non coperte da contributi”. Se si guardasse solo a quelle indicate nel Contratto per il cambiamento (5.000 euro netti di reddito pensionistico, pari a circa 8.500 lordi al mese) i risparmi sul ricalcolo sui contributi versati porterebbero a risparmi molto contenuti (circa 115 milioni l’anno al netto degli effetti fiscali secondo i calcoli dell’esperto di previdenza Stefano Patriarca).

Se gli interventi fossero sulle pensioni superiori ai 5.000 euro lordi il risparmio al netto degli effetti fiscali sarebbe – secondo i calcoli contenuti nella proposta “Non per cassa ma per equità” di Tito Boeri del 2015 – di quasi 600 milioni per arrivare a regime a oltre un miliardo l’anno.

Contrari agli interventi di ammorbidimento della riforma Fornero anche gli industriali. “le pensioni sono importanti, un diritto acquisito e sacrosanto – ha detto il presidente di Confindustria, Francesco Boccia, all’assemblea dell’Associazione – ma non possiamo scaricare l’onere sui giovani già gravati”. Intanto dal 14 maggio è partito l’assegno di ricollocazione (fino ad allora si aveva solo una sperimentazione) per favorire l’accesso a un nuovo lavoro da parte di chi è disoccupato.

“Non solo sono arrivate già delle domande – ha fatto sapere il presidente dell’Anpal, Maurizio Del Conte – ma sono stati anche rilasciati degli assegni”. Si tratta, ha aggiunto – “del primo strumento nazionale di politica attiva per l’accompagnamento al lavoro”.