Missione Governo: l’arbitro estrae il cartellino rosso, il premier è Conte

Il presidente Sergio Mattarella stringe la mano di Giuseppe Conte, ricevendolo al Quirinale per consultazioni.
Il presidente Sergio Mattarella riceve al Quirinale Giuseppe Conte. /PAOLO GIANDOTTI, UFFICIO STAMPA QUIRINALE

ROMA. – Ora basta diktat al presidente del Consiglio e al presidente della Repubblica. Un doppio avvertimento che dimostra come la temperatura si stia alzando pericolosamente nei rapporti istituzionali. Il primo è indirizzato a Matteo Salvini; il secondo, con contorni protettivi, doveva raggiungere Giuseppe Conte.

Il presidente della Repubblica scende in campo e per la prima volta estrae con decisione il cartellino rosso. Così proprio non si può fare, dicono in sostanza al Colle dopo che nelle ultime ore i toni contro il capo dello Stato – e la scarsa considerazione del ruolo primario del presidente del Consiglio – hanno superato i decibel del rispetto.

E la materia del contendere non è cosa da poco: l’autorevolezza del premier, la composizione del Governo e, soprattutto, i toni ultimativi con cui la Lega continua a chiedere, quasi pretendere, Paolo Savona all’Economia. Ma non solo. A disturbare il Colle è anche il sospetto – che Salvini sembra voler far passare – che sia invece il Quirinale a porre veti alle forze politiche. Dimenticando volontariamente cosa prevede l’articolo 92 della Costituzione: “il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri”.

In gioco c’è poi l’autonomia del presidente del Consiglio, aspetto non secondario del quale Sergio Mattarella ha parlato ieri a lungo con Giuseppe Conte nel loro faccia a faccia al Quirinale. Ecco quindi che il messaggio uscito dal Colle contiene un pizzico di saggezza popolare, il classico parlar a nuora perchè suocera intenda. Conte è infatti all’esordio assoluto di una prova difficilissima e chi ben comincia è a metà dell’opera, per proseguire nei modi di dire.

Il presidente ci ha pensato a lungo prima di concedergli l’incarico, anche al di là della vicenda spiacevole del curriculum. La sua perplessità iniziale era basata proprio sull’inesperienza e il basso livello di presenza internazionale. Oggi l’invito presidenziale, per chi sa leggere, è chiaro: il giurista pugliese parta con il piede giusto mostrando coraggio, autonomia di pensiero e consapevolezza dell’importanza della poltrona che potrebbe occupare già dalla prossima settimana. Non si procede con i “diktat” al presidente del Consiglio incaricato avverte quindi il Quirinale senza nascondere una profonda irritazione per quanti calpestano non il galateo ma norme costituzionali.

Giornata tesa quindi, che si è dipanata tra telefonate incrociate di ogni tipo tanto che a Montecitorio in molti si chiedevano fino a che punto sarebbe potuto arrivare il presidente. Questo non è dato saperlo ma si è giunti ai limiti di una crisi ricca di incognite, forse risolta in serata da una serie di dichiarazioni più concilianti da parte di Di Maio (“i ministri li sceglie il premier con il presidente della Repubblica”) e tutto sommato anche di Salvini.

In tutto questo esibir di muscoli Giuseppe Conte sembra aver recepito il messaggio: “dedichero’ l’intera giornata di domani a elaborare una proposta da sottoporre al presidente della Repubblica”, ha assicurato. La strada verso il Governo è ancora gibbosa.

(Di Fabrizio Finzi/ANSA)

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