Salvini alza la posta e evoca il voto, governo in bilico

Paola Savona varca il cancello di Villa Borghese, passeggiando
In un'immagine esclusiva dell'ANSA Paolo Savona passeggia a Villa Borghese, Roma, 25 maggio 2018. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI

ROMA. – All’imbrunire dell’82esimo giorno senza governo sull’Italia torna lo spettro del ritorno alle urne. Il nodo Paolo Savona, l’uomo scelto dalla Lega e concordato con il M5S per il Tesoro si presenta come la punta di un iceberg, fatto di un’intricata tela di veti incrociati, che rischia di far cadere l’intero castello del governo.

Ed è Salvini ad alzare la posta sull’economista sardo non gradito al Colle arrivando a minacciare, nel caso il veto su Savona permanga, perfino le elezioni e costringendo il premier incaricato Giuseppe Conte a un delicatissimo compito di negoziatore tra Lega, M5S e presidente della Repubblica. In questa triangolazione, il Movimento è quasi costretto dal suo alleato ad alzare i toni.

Non a caso, in serata, fonti del M5S assicurano una piena unità d’intenti tra Di Maio, Salvini e Conte nonché un’assoluta compattezza su Savona. Eppure, è difficile pensare che il premier incaricato, nel lungo incontro pomeridiano con Mattarella, non abbia abbozzato delle soluzioni alternative a quella di Savona al Mef. E, secondo alcune fonti parlamentari, Conte avrebbe proposto di switchare Di Maio al Tesoro, cedendo alla Lega il super ministero Sviluppo Economico-Lavoro. Ma il Carroccio, su Savona non cede.

E la fermezza di Salvini mette il Movimento in una certa difficoltà anche sugli altri ministeri sotto la lente del Quirinale: Esteri, Giustizia e Difesa. Tutte e tre i dicasteri sono infatti in quota M5S ma sui nomi c’è ancora tanta incertezza con il Movimento che, in maniera quasi complementare all’atteggiamento della Lega su Savona, non ha nessuna intenzione di fare concessioni.

Alla Farnesina il nome più gettonato, nelle ultime ore, è quello di Luca Giansanti. Outsider resta Pasquale Salzano mentre meno gradito al M5S sarebbe il nome dell’ex montiano Enzo Moavero Milanesi. Alla Difesa in pole, al momento, resta Emanuela Trenta mentre alla Giustizia il nome di Alfonso Bonafede non sembra, secondo fonti parlamentari, graditissimo.

Tutti veti incrociati che, a partire dal nodo Savona, non solo allungano i tempi del governo ma rischiano di farlo deflagrare sul nascere. Anche perché, per ora, non si intravede una terza via. Salvini, dopo aver visto Di Maio e Conte vola a Milano facendo intendere, plasticamente, che la sua volontà di negoziare su Savona è pari a zero e che, per il momento, non ha neanche voglia di tornare a sedersi al tavolo con Conte.

Alla Camera restano invece Di Maio e il premier incaricato, in due luoghi diversi ed entrambi impegnati a trovare una strategia per uscire da questo delicato “cul de sac”. Di rimando, restano sospesi anche gli altri tasselli di governo.

Alla Lega, oltre all’Interno destinato a Salvini, andranno comunque Agricoltura e Turismo-Affari Regionali (Nicola Molteni e Gian Marco Centinaio i nomi in pole e anche interscambiabili), oltre al neo-ministero alla Famiglia, per cui spunta il nome di Arianna Lazzarini. Giancarlo Giorgetti e Lorenzo Fontana restano i papabili come sottosegretari alla presidenza del Consiglio mentre nelle ultime ore i Rapporti con il Parlamento sembrano tornati in quota M5S, con Riccardo Fraccaro favorito.

Al Movimento vanno anche Cultura (con Emilio Carelli in vantaggio) e Istruzione (in pole il preside Salvatore Giuliano) mentre, con Savona al Mef, la Lega direbbe sì al superministero Mise-Lavoro guidato da Di Maio. L’Ambiente sarà anche pentastellato mentre sulla Sanità, complice lo stallo, permane l’incertezza sul tipo di colore, giallo o verde. Intanto, Vincenzo Spadafora sembra tirarsi fuori dalla partita ministri: e chissà se su questa scelta non contino i malumori interni al M5S sull’ascesa dell’ex responsabile per i rapporti istituzionali di Di Maio.

(di Michele Esposito/ANSA)