Aborto libero, l’Irlanda decide in un voto storico

Cartelli affissi ad un palo invitando a votare nel referendum sull'aborto: Vote Yes e Vote No
Irlanda: Referendum per voltare pagina

LONDRA. – Un giorno “storico”, agli occhi di molti. Di sicuro un passaggio destinato a segnare un’epoca tanto per i vincitori quanto per gli sconfitti, e soprattutto per le donne. L’Irlanda, terra di secolari radici cattoliche incamminata dietro il resto d’Europa verso la secolarizzazione, ha deciso oggi sull’aborto libero in un referendum che ha diviso la sua gente. Ma non esattamente a metà.

Un voto convocato per voltare pagina dal fronte favorevole all’abrogazione dell’articolo 8 della Costituzione sulla tutela della vita del nascituro, introdotto nel 1983 per cementare il divieto di fatto dell’interruzione della gravidanza nel Paese, salvo casi eccezionali di pericolo diretto per la vita della madre. Un divieto che per anni ha significato viaggi all’estero per chi voleva abortire.

La giornata di bel tempo, almeno per gli standard irlandesi, ha favorito una buona affluenza, come speravano i sostenitori del sì. In uno scenario per certi versi simile a quello di un altro referendum contrastato e fortemente simbolico, sfociato giusto tre anni fa nel via libera ai matrimoni gay. I 6500 seggi sono stati aperti alle 7 locali per chiudere alle 22 (le 23 in Italia).

E il risultato ufficiale, dopo l’exit poll della tv pubblica Rte, è atteso per domani. Ma il giorno del giudizio è stato oggi. Un giorno in cui i circa 3,3 milioni di elettori della Repubblica, da sempre indocile spina nel fianco della vicina Gran Bretagna, si sono affrontati su un tema che ha lacerato la coscienza nazionale, il tessuto sociale, il retroterra etico e la tradizione religiosa di un popolo. Tutto deciso da un quesito secco, dall’alternativa sulle schede fra un sì e un no in gaelico e in inglese: ‘ta o nil’, ‘yes’ o ‘no’.

Le previsioni non sono mai parse in bilico nelle settimane di una campagna referendaria pure animata da forti e diffuse contrapposizioni: fra aree urbane tendenzialmente ‘pro-choice’, donne in testa, e zone rurali a impronta antiabortista; ma anche fra generi, fra establishment e outsider, nonché fra una generazione e l’altra, con gli anziani più inclini verso il no, i giovani e l’età di mezzo verso il sì, e uno zoccolo duro non irrilevante di giovanissimi di nuovo attratto dagli argomenti pro-life.

Il restringersi della forbice negli ultimi sondaggi qualche margine di suspense l’aveva del resto generato. E il dibattito, secondo gli usi locali, è proseguito anche a seggi aperti, a colpi di tweet libero. In rete si sono così riproposti gli schieramenti: a favore della liberalizzazione d’un progetto di legge già pronto tutti i leader istituzionali, i maggiori partiti (pur con la clausola della libertà di coscienza per deputati e militanti obiettori), i media che contano, le star irlandesi del jet set internazionale; contrari i movimenti per la vita (oscurati peraltro pubblicitariamente dai colossi del web per timore di presunte “interferenze straniere”), singoli dissidenti di partito e gruppi cattolici.

Ma con la gerarchia spesso defilata, oltre che azzoppata nella sua autorità morale da anni di scandali e insabbiamenti su pedofilia e non solo. “No all’aborto on demand”, ha twittato fino all’ultimo Peadar Toibin, deputato pro-life dello Sinn Fein, evocando lo spettro di una deregulation totale. “Cmon Ireland! Facciamo la cosa giusta per le grandi donne della nostra nazione”, gli ha replicato la celebrity del pop Niall Horan, ex One Direction. Un appello, quello di Horan, condiviso apertamente dal premier liberale di Dublino, Leo Varadkar, gay dichiarato e promotore di un referendum visto come “opportunità di una sola generazione”: già pronto stasera a esultare per “la fine dei viaggi della disperazione di troppe donne”.

(di Alessandro Logroscino/ANSA)

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