A Pompei il dramma dell’ultimo fuggiasco

Lo scheletro dell'ultimo fuggiasco a Pompei
Lo scheletro dell'ultimo fuggiasco a Pompei

POMPEI (NAPOLI). – Ha avuto in sorte una fine orribile e l’ha guardata in faccia, investito dalla furia bollente del Vesuvio che gli ha scagliato addosso, decapitandolo, un masso di 300 chili. A Pompei- come documenta in anteprima il reportage dell’ANSA dal cantiere appena aperto- gli scavi hanno restituito anche una nuova vittima, un uomo adulto di trenta, forse trentacinque anni, che però aveva una gamba malata, zoppicava, e forse per questo ha tentato troppo tardi la fuga.

Una scoperta “drammatica ed eccezionale” commenta Massimo Osanna, l’archeologo direttore del parco archeologico, perché in quel punto si era scavato già nell’Ottocento e poi di nuovo agli inizi del secolo scorso. Il ritrovamento è avvenuta nella zona dei nuovi scavi, la Regio V, proprio all’angolo tra il Vicolo dei Balconi (la strada che il team del Parco archeologico di Pompei ha riportato alla luce poco più di una settimana fa perché qui le scoperte sono un continuum) e il vicolo delle Nozze d’Argento.

“Lo abbiamo ritrovato in uno slargo dove forse c’era una fontana- racconta il direttore – un angolo della strada che era ancora ricoperto da un buon livello di strato piroplastico”. Nei secoli e forse anche per gli scavi ottocenteschi che hanno interessato in parte questo lembo di città, la terra gli era collassata addosso, per cui non è stato possibile ricostruirne le sembianze usando la tecnica del calco di gesso messa a punto ai primi del Novecento dal grande archeologo Amedeo Maiuri.

Qualche calco è stato invece possibile farlo tutto intorno allo scheletro. Ed è servito per capire quanto drammatici devono essere stati gli ultimi istanti di quest’uomo, che si è visto arrivare addosso la nube piroplastica, in pratica una valanga di fuoco “che trascinava con sé detriti, pezzi di ferro, rami, pezzi di selciato”.

Di sicuro, ricostruiscono gli esperti, il poveretto deve essersi attardato. La sua tibia, ci fa notare l’antropologa del team Valeria Amoretti, presenta le tracce – dopo duemila anni ancora evidenti – di una brutta infezione ossea (“Forse una periostite, forse una ostiomielite”) che di certo doveva procuragli un gran dolore e rendergli difficoltosa la fuga.

Quando finalmente deve essersi convinto a scappare, la situazione era precipitata. Le case erano in parte crollate, nel vicolo si erano depositati già due metri di lapillo, la pioggia di cenere calda che aveva ingoiato gli affacci al piano terra delle abitazioni.

Il povero fuggiasco claudicante deve aver tentato il tutto per tutto, riuscendo ad uscire in strada da una finestra del primo piano. Ma non è andato lontano. Pochi passi e dietro di lui deve aver avvertito un rumore sordo e tremendo, una sorta di rombo di tuono. Chissà, magari non ha resistito alla tentazione di voltarsi a guardare. Un attimo e per lui non c’è stato scampo.

Come nel peggiore dei blockbuster catastrofici, un masso enorme, divelto forse dal secondo piano di una delle case del vicolo, lo ha investito colpendolo al busto, con tutta probabilità staccandogli di netto la testa. Gli archeologi lo hanno trovato schiantato a terra di schiena, il masso che come un’incudine piovuta da cielo gli copre le spalle,le braccia, la parte alta del torace.

E’ possibile anche, fanno notare, che sia morto all’istante, prima ancora di essere schiacciato, soffocato dai miasmi della nube bollente. Nelle sue ossa, ci indica l’antropologa, “si notano diverse fratture” e anche alcune vertebre appaiono rotte. Sulla colonna le tracce di un po’ di artrosi.

Fin qui la storia che appare. Ora saranno le analisi di laboratorio, spiega entusiasta Osanna, con esami sistematici delle ossa e del dna a ricostruirne con più certezza questa vicenda e a svelarci chi era davvero quell’uomo, ultimo tra gli ultimi nella città romana cancellata dall’eruzione.

Comunque sia, sottolinea, quella del fuggiasco claudicante è “una scoperta che aggiungerà un altro importante tassello alla storia di Pompei: è la prima volta, dopo quarant’anni che si ritrova uno scheletro e oggi abbiamo mezzi e tecnologie per imparare molto da questi resti”.

E ad applaudire c’è anche l’ormai ex ministro della cultura Dario Franceschini: “Una scoperta che farà il giro del mondo”, commenta, “Pompei è il simbolo di una storia di riscatto e di rinascita italiana”.

Intanto nel Vicolo dei Balconi, l’altra grande scoperta proprio qualche giorno fa dei nuovi scavi con il ritrovamento eccezionale di quattro balconi aggettanti sulla strada (alcuni ancora con le anfore del vino in un angolo ad asciugare) il lavoro non si ferma. Già nelle prossime ore si dovrebbe procedere alla rimozione del masso che ancora opprime il busto del fuggiasco.

“Se fossimo così fortunati da ritrovare il cranio saremmo in grado di ricostruirne la fisionomia”, conclude Osanna. Dopo duemila anni, per la tragedia di quest’uomo senza nome un monumento alla memoria.

(di Silvia Lambertucci/ANSA)

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