Dalla sacca di Goro la metà delle vongole italiane

La mappa della regione con la Sacca di Goro
La mappa della regione con la Sacca di Goro

BOLOGNA. – Oltre la metà delle vongole prodotte in Italia arriva dalla sacca di Goro: il paese del ferrarese è un lembo di terra in mezzo all’Adriatico, una piccola penisola alla foce del Po. Proprio l’incontro fra l’acqua dolce del grande fiume e quella salata del mare, insieme a condizioni climatiche particolarmente favorevoli, lo rende l’habitat ideale per la coltivazione dei molluschi, soprattutto vongole, ma anche cozze e ostriche.

I pescatori sono circa 1.200 su 3.800 abitanti: contando anche l’indotto, praticamente tutti lavorano nel settore. Il lavoro del ‘vongolaro’ è a metà strada fra quello del pescatore e quello dell’agricoltore: le vongole, infatti, vengono coltivate nella sacca e l’acqua è trattata e curata come se fosse un appezzamento di terra.

Si tratta di un settore che non ha mai conosciuto crisi, che è molto remunerativo e offre posti di lavoro ben pagati e poco specializzati, basti pensare che Goro è forse l’unico pezzo della costa Adriatica dove il turismo balneare, di fatto, non esiste. La gestione della sacca e le relative concessioni sono state spesso al centro di contenziosi anche con le istituzioni nazionali e regionali.

La monocoltura delle vongole e la distanza geografica con le città ha creato, nel paese che 79 anni fa ha dato i natali alla cantante Milva, un orgoglioso isolamento. Ultimamente se n’è parlato per la riapertura di un caso di omicidio di 30 anni fa, quello di Willy Branchi, contornato da reticenze, sospetti di pedofilia e omertà.

Qualche anno fa l’unica frazione di Goro, Gorino, diventò celebre quando gli abitanti costruirono delle barricate per impedire l’arrivo di un gruppo di donne migranti che erano state assegnate al Comune dalla prefettura di Ferrara.

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