Cottarelli esamina punto per punto il contratto: “No ai tagli alla scuola”

Carlo Cottarelli sulla porta dell'albergo a Roma.
Carlo Cottarelli lascia l'albergo a Roma. ANSA/ANGELO CARCONI

TRENTO. – Le tasse e il “condono”, le pensioni, l’Europa, i conti pubblici, la crescita e il deficit. Il giorno dopo la rinuncia all’incarico di formare il governo Carlo Cottarelli riveste i panni del professore che ha il compito di ‘fare le pulci’ alla politica, e mette sotto tiro alcuni dei capisaldi del contratto di governo sottoscritto da Lega e Movimento 5 Stelle.

Un giudizio affilato e già ampiamente annunciato, che accompagna a un consiglio alla nuova maggioranza pentaleghista da ex commissario alla spending review: ridurre la spesa ancora si può a patto che non si tocchi quella, imprescindibile, per scuola e istruzione, perché per tornare a crescere in modo uniforme bisogna dare a tutti le stesse “basi” e ridurre le “disuguaglianze che pesano di più, che sono quelle ai punti di partenza”.

Cottarelli arriva al Festival dell’Economia di Trento dove, da programma, doveva presentare il suo ultimo libro, ‘I 7 vizi capitali dell’economia italiana’. Vizi che “è un diritto degli altri Paesi criticare”, così come l’Italia può criticare la Germania che “esagera” con il surplus creando un problema a noi e a tutta Europa. Ma le critiche vanno fatte “con i giusti toni” non con “stupidaggini” come quelle pronunciate dal commissario Oettinger che “andava mandato via”.

Sono inevitabili, però, i richiami all’esperienza vissuta negli ultimi cinque giorni da premier incaricato. Una chiamata, ha confermato, arrivata “a sorpresa” proprio mentre stava per “vedere la quarta puntata della sesta serie di Breaking bad”, che lo ha lusingato ed emozionato e che ora che è finita gli fa comunque tirare un sospiro di sollievo.

A candidarsi al prossimo giro, “ancora non ho pensato”, assicura. Anche perché, scherza, “per fare politica serve uno stomaco più forte del mio”. Bene che adesso ci sia “un governo politico” ma definisce “incredibile” la sua avventura, così come l’applauso ricevuto dalla sala stampa al Quirinale. Stessa accoglienza con lungo applauso riservata anche al festival, dove per più di un’ora ha rimesso in fila i ‘peccati’ della nostra economia, dal costo della burocrazia che rappresenta una “tassa occulta” per le imprese, alla corruzione, alla lentezza della giustizia.

Tutti temi che il governo gialloverde si impegna ad affrontare e che, almeno per come sono sulla carta, vanno nella giusta direzione anche se poi resta da vedere con quali strumenti saranno messi in pratica. La ‘pace fiscale’, ad esempio, è “un errore” perché alla fine si tratta “di un condono, anche generoso”.

Così come non è “una buona idea la flat tax” perché “il livello attuale di progressività mi sembra abbastanza ragionevole e non credo che sia particolarmente utile passare a un minor grado di progressività con la flat tax”. Sul fronte fiscale, tra l’altro, bisognerebbe pensare piuttosto a introdurre una “adeguata tassazione dell’eredità” perché la tassa di successione attuale “è troppo bassa”.

La cosa più importante, però, è tenere la barra dritta sui conti e non pensare di coprire le troppe promesse della campagna elettorale – che rischiano di essere irrealizzabili – in deficit. Peraltro per recuperare competitività e tassi di crescita più robusti non serve nemmeno “uscire dall’euro” ma agire proprio su questi ostacoli all’attività economica.

(dell’inviata Silvia Gasparetto/ANSA)

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