Il re giordano silura il premier dopo le proteste

Folla di manifestanti in strada
Le proteste dei giordani. ANSA/ANDRE PAIN

AMMAN/BEIRUT. – Dopo sei giorni di proteste contro la politica di austerity che hanno investito le maggiori città della Giordania, il re giordano Abdallah ha rimosso oggi il primo ministro Hani Malki nella speranza di placare la rabbia popolare. Media governativi hanno riferito che al posto di Malki il sovrano hascemita ha chiamato il ministro dell’Istruzione Omar Razzaz, un economista con fama di riformista e studi a Harvard, ma la notizia non è stata confermata ufficialmente. Secondo l’agenzia Petra, Razzaz sarebbe stato scelto come premier ad interim in attesa che venga nominato un altro capo del governo.

Nella vita politica della Giordania accade spesso che il re cerchi di uscire da situazioni ingarbugliate cambiando il primo ministro – che è sua esclusiva prerogativa – ma resta da vedere come il nuovo capo del governo potrà conciliare le esigenze di un risanamento dei conti pubblici su cui insistono i creditori, primi fra tutti il Fondo monetario internazionale, e il malcontento di una popolazione che soffre per una crisi aggravata dalle ripercussioni dei conflitti regionali degli ultimi anni.

Migliaia di manifestanti sono scesi in piazza ad Amman e in diverse altre città, tra cui Irbid, Ramtha, Zarqa e Salt, per protestare contro il programma di aumento delle tasse, delle bollette dell’elettricità e dei carburanti varato dall’esecutivo di Malki con l’obiettivo di ridurre un debito pubblico che ha superato il 96%. Il piano aveva l’appoggio del Fmi, che nel 2016 ha concordato una linea di credito di 700 milioni di dollari in favore di Amman.

Secondo i sindacati e le organizzazioni imprenditoriali, tuttavia, le nuove imposte rischiano di provocare danni all’industria nazionale con la conseguente perdita di posti di lavoro, in un Paese che ha un tasso di disoccupazione superiore al 18% e negli ultimi anni ha già visto la migrazione di molte aziende verso l’Egitto e altri Paesi che offrono incentivi fiscali. A pesare sui conti economici della Giordania è anche l’invasione di rifugiati siriani a partire dallo scoppio del conflitto civile, nel 2011.

Quelle di questi giorni sono state le manifestazioni di protesta più grandi degli ultimi anni. A scendere in piazza sono stati soprattutto giovani e appartenenti alla classe media e nell’organizzazione non hanno avuto alcun ruolo le opposizioni tradizionali, tra cui i Fratelli musulmani. Sebbene non si registrino episodi di violenza, il movimento di protesta ha creato preoccupazione nelle capitali occidentali e in Israele, che con Amman intrattiene relazioni diplomatiche. La Giordania è infatti un tradizionale alleato dell’Occidente e ha collaborato con i Paesi europei e con gli Usa nella lotta all’Isis e in ogni iniziativa relativa alla guerra civile in Siria.

(di Alberto Zanconato/ANSAmed)