Crisi economica e clima ostile spaventano le multinazionali

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Gli investimenti stranieri nel Paese sono sempre meno. Cedice afferma che oltre 60 multinazionali hanno lasciato il Paese dal 2005 ai nostri giorni

Caracas – Ben 60 multinazionali hanno chiuso ogni attività o le hanno ridotte drasticamente. Questo, almeno, quanto si apprende da una indagine condotta dall’“Observatorio de Propiedad” del “Centro de Divulgaciòn del Conocimiento Economico” che analizza il periodo 2005-2018. Cedice sottolinea che sebbene 60 aziende possono sembrare poca cosa, i nomi coinvolti danno un’idea del danno fatto al Paese in 20 anni di politica economica errata, dei posti di lavoro andati persi e di quanti prodotti non sono più presenti nel mercato nazionale. 

Nella “fuga” delle multinazionali verso mercati più “amichevoli” sono rappresentati praticamente tutti i settori: dall’alimentare al tecnologico, dalla costruzione all’automobilistico. Insomma, settori importanti che erano presenti da decenni nel Paese.

Tante le ragioni per abbandonare il mercato venezuelano. Tra queste, il clima ostile agli investimenti stranieri, gli elevati costi, le minacce di espropri, l’insicurezza personale e giuridica e, dulcis in fundo, una crisi che si aggrava e che pare non aver fine.

Il risultato di questa emigrazione di aziende è l’incremento della disoccupazione che né le poche industrie ancora presenti né la burocrazia ormai possono più assorbire. E’ così che sta nascendo una sub-cultura che prende forza giorno dopo giorno dagli ammortizzatori sociali trasformati in una “stile di vita”.

Le multinazionali, una volta presenti nel Paese, hanno trasferito ogni attività in Colombia, in Chile, in Perù, in Argentina o in Brasile. In Venezuela restano, semmai, alcuni uffici di rappresentanza.

Tra le aziende che, stando a quanto afferma Cedice, hanno chiuso o ridotto all’osso ogni attività, vi sono: Heinz, Parmalat, Alitalia, Conoco Phillips, Owen-Illinois, Air Canada, Mattel, LouisVuitton, Brahmma, Colgate-Palmolive e Kellogs.

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