Stadio Roma, Raggi a pm: “Lanzalone presentato da Bonafede”

La sindaca di Roma, Virginia Raggi.
La sindaca di Roma, Virginia Raggi.

ROMA. – L’inchiesta sul nuovo stadio della Roma vive di accelerazioni e colpi di scena. Nel giorno degli interrogatori di garanzia dei nove arrestati, arriva la convocazione in Procura del sindaco, Virginia Raggi come persona informata sui fatti. Un atto istruttorio previsto da giorni e che si è concentrato, sostanzialmente, sul rapporto tra il Campidoglio e Luca Lanzalone, l’avvocato genovese scelto, per portare avanti, nei primi mesi del 2017 la delicata trattativa con il gruppo Parnasi per l’abbattimento delle cubature nel progetto per la struttura che dovrebbe sorgere a Tor di Valle.

Nel corso dell’audizione, durata circa un’ora, Raggi avrebbe ribadito che la genesi del rapporto con Lanzalone sarebbe legato agli esponenti degli M5S, Riccardo Fraccaro e Alfonso Bonafede che glielo avrebbero presentato quando si occupavano per il Movimento degli enti locali. Poche ore prima di recarsi a piazzale Clodio aveva ribadito che in questo nuovo terremoto giudiziario l’amministrazione capitolina è parte lesa. “Per favore non iniziamo con il solito fango”, ha puntualizzato.

Mentre il sindaco metteva a verbale le sue dichiarazioni, in un’altra palazzina della cittadella giudiziaria si sono svolti gli interrogatori di garanzia. Per oltre tre ore Lanzalone ha rivendicato la sua innocenza. “Nella mia vita non ho mai compiuto nulla di illecito, respingo con forza ogni addebito”, ha detto al gip una delle figure-chiave dell’indagine.

La procura contesta all’avvocato genovese un episodio di corruzione per avere ricevuto dall’imprenditore Parnasi la promessa di consulenze per il suo studio legale per circa centomila euro. Dal canto suo il costruttore, detenuto a Milano, ha scelto di non rispondere al gip avvalendosi della facoltà di non rispondere. Facendo sapere però, attraverso i suoi legali, di essere intenzionato a chiarire con i pm. E, soprattutto, che i ‘finanziamenti erano una scelta personale e non asset di impresa’.

Alcuni collaboratori di Parnasi finiti in carcere, davanti al gip, in una stanza dedicata di Regina Coeli, avrebbero invece fatto ammissioni su episodi di corruzione. L’ex assessore regionale del Pd, Michele Civita, ha, invece, riconosciuto di avere compiuto una “leggerezza, in buona fede”, nel chiedere un aiuto per il figlio. “Ho chiesto a Parnasi se era possibile intervenire – ha aggiunto – tre mesi dopo che era concluso l’iter della conferenza dei servizi. Non ho mai violato la legge, le decisioni della conferenza di servizio erano pubbliche”.

Per quanto riguarda i vari filoni dell’indagine spicca l’iscrizione ufficiale nel registro degli indagati del presidente del Coni, Giovanni Malagò. Il numero uno dello sport italiano ha chiesto di essere convocato per un interrogatorio. “Voglio chiarire subito questa vicenda”, taglia corto il numero uno dello sport italiano. Il cuore dell’inchiesta della maxindagine resta il “sistema Parnasi”, la sua rete di relazioni che si intreccia con un sistematico modus corruttivo.

Un approccio dettato dall’esigenza di oliare la macchina della politica, che, soprattutto nella fase a cavallo delle ultime elezioni politiche, si era in qualche modo intensificata. L’imprenditore in più di una conversazione parlava, con più interlocutori, di “un governo Lega-M5s”.

“Però tu davvero volevi rivederti su al governo uno come Renzi, che stava lì?”. “No! Tra l’altro adesso non c’abbiamo un tema…cioè facciamo…che ha vinto Lega”. Proprio con un esponente di primo piano del Carroccio, Giancarlo Giorgetti, sarebbe avvenuta una cena ‘segreta’ a cui avrebbero preso parte, il 12 marzo scorso, lo stesso Parnasi e Lanzalone. Ombre spazzate via dal ministro Salvini al quale “non risulta che abbiano tentato di corrompere la Lega”.

(di Marco Maffettone/ANSA)