“Miliardi a sanità grazie alla Brexit”, boomerang su May

Theresa May durante il suo intervento.
Il governo ammette: "aumenteremo le tasse".

LONDRA. – Doveva essere il grande “regalo di compleanno” al dissestato sistema sanitario nazionale britannico (Nhs), una manna pronta a cadere dal cielo grazie (anche) alla Brexit. Ma agli occhi di molti rischia di essere solo un nuovo, grande bluff, condito da un aumento di tasse. E’ già dietro l’angolo l’effetto boomerang dell’annuncio dei fondi aggiuntivi a pioggia promessi da Theresa May a ospedali, ambulatori e laboratori pubblici d’Inghilterra e Galles, fino a un supposto bilancio di oltre 20 miliardi di sterline all’anno nel 2023.

Annunciata dalla premier conservatrice con la grancassa mediatica, dagli schermi della Bbc, e formalizzata in un intervento pubblico a Londra di fronte a una perplessa platea di operatori del settore, l’iniziativa sta suscitando in effetti più interrogativi e critiche che applausi. Se non altro perché a gelare subito gli entusiasmi ha provveduto lo stesso ministro della Salute e del Welfare, Jeremy Hunt: ammettendo che il “dividendo della Brexit”, invocato da May come fonte primaria di questo ipotetico flusso di denaro, non basterà.

“E’ vero che non verseremo più le nostre quote a Bruxelles… ma questi risparmi – ha detto Hunt – non saranno sufficienti da soli” a rimpinguare le casse dell’Nhs. Prostrate dopo anni di austerity e tagli.

May – che in tv aveva sbandierato il progetto appunto come “un regalo di compleanno” per il 70esimo del sistema sanitario del Regno, istituito nel 1948 – ha provato a tenere il punto nel discorso odierno, sebbene con una dose di maggior cautela. Ha difeso le sue stime, insistendo sul concetto di “dividendo della Brexit”. Ma ha anche riconosciuto, in modo più esplicito, che i contribuenti dovranno versare “un poco di più”, pur assicurando che l’impatto sulle tasse sarà “equo e bilanciato”.

Non abbastanza per diradare le nuvole delle polemiche. A essere scettici sono innanzi tutti medici e infermieri, che grattando dietro i numeri fatti balenare dalla premier in cifra assoluta notano come il surplus previsto – a prenderlo per buono – ammonti a un 3,4% in più all’anno: meno della media annua del +3,7% messa sul piatto fin dalla fondazione dell’Nhs; meno di quanto promette il Labour di Jeremy Corbyn (che peraltro il ricorso alla leva fiscale nei confronti dei redditi più alti e dei ceti più abbienti lo rivendica senza giri di parole); e meno persino di quanto sborsato dalla liberista Margaret Thatcher.

L’opposizione laburista, a sua volta, rigira il coltello nella piaga per bocca del cancelliere dello Scacchiere ombra, John McDonnell, che boccia come “non credibili” le indicazioni sulle coperture. E nota come i mirabolanti benefici economici, indicati dall’inquilina di Downing Street per l’Nhs, siano addirittura superiori a quelli evocati da Boris Johnson e da altri ‘brexiteers’ – fra mille contestazioni – durante la campagna referendaria di due anni fa.

L’Institute for Fiscal Studies nega da parte sua che nel medio periodo la Brexit possa garantire alcun risparmio reale complessivo alle casse del tesoro britannico. E la polemica monta persino in casa Tory. Se Johnson si riconosce con entusiasmo nelle promesse di May, definite “una fantastica notizia”, Sarah Wollaston – deputata contraria a un’uscita ‘hard’ dall’Ue e pronta con un drappello di conservatori dissidenti alla battaglia per dare al Parlamento diritto di veto su un eventuale divorzio ‘no deal’ da Bruxelles, in un emendamento rilanciato giusto oggi dalla Camera dei Lord – le liquida con una parola sola: “Tosh”, fesserie.

(di Alessandro Logroscino/ANSA)

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