Sinodo: tanti i giovani Hikikomori in Italia

Giovani si rinchiudono in casa solo collegati in rete.
Hikikomori in Italia: perché i giovani si rinchiudono in casa?

ROMA. – Ragazzi che ad un certo punto decidono di chiudere con il mondo esterno e di rinchiudersi dentro le loro camerette, di vivere lì la loro vita senza più andare a scuola, vedere gli amici, fare sport, senza uscire, mantenendo un contatto con il mondo solo attraverso la rete.

Sono i ritirati sociali, quelli che si sentono al sicuro, protetti dal mondo, solo dentro quattro mura. Per loro e per le loro famiglie è una vita di pena, di sofferenza: i genitori nel corridoio, i ragazzi dietro una porta chiusa. Un tunnel con vari stadi, che può durare anni e dal quale uscire piano piano.

Sono i ragazzi Hikikomori dalla parola giapponese che vuol dire letteralmente ‘stare in disparte’, citati nel documento preparatorio del Sinodo dei vescovi sui giovani. All’inizio accusano, dolori generici, come mal di pancia o mal di testa che impediscono loro di andare fuori con gli amici, di fare sport e, infine, anche di andare a scuola.

E’ un processo lento, progressivo, che trova impreparati i genitori. Difficile capire che cosa stia succedendo davvero, dentro di loro. Difficile intervenire, perché forzarli porta all’effetto contrario. Non ci sono dati certi della diffusione del fenomeno in Italia.

Si suppone, secondo i dati forniti dall’associazione Hikikomori Italia genitori di mutuo aiuto tra le famiglie, che questi ragazzi siano addirittura circa 100 mila, tra i 13 e i 20 anni. Con un picco intorno ai 15 e 17 anni. Più maschi che femmine, per ora, ma sembra che il numero delle ragazze sia sottostimato. Il problema è che continuano ad aumentare.

Il fenomeno, scoppiato in Giappone, è relativamente recente e poco noto. Ma si sta diffondendo rapidamente in tutta Europa.

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