Israele, Hamas pagò la madre per mentire sulla morte del bebè

Donne arabe piangono la morte della bebè

TEL AVIV/GAZA. – Leila al-Ghandour, la bebè palestinese di otto mesi che il mese scorso destò clamore e indignazione internazionale per la sua tragica morte ai margini di sanguinosi disordini sul confine di Gaza, torna suo malgrado alla ribalta. Israele sostiene adesso di aver nuove prove che la piccola morì per una malattia del sangue e che la famiglia attribuì falsamente la sua morte alla inalazione di gas lacrimogeni israeliani dopo aver ricevuto una cifra di 8.000 shekel (quasi duemila euro) dal leader di Hamas a Gaza Yihya Sinwar.

”Leila morì due volte: – ha affermato il portavoce del ministero degli esteri Emmanuel Nachshon – la prima per una malattia fatale di cui soffriva, e la seconda quando Hamas obbligò la sua famiglia a mentire sulle cause del decesso”. A riferire allo Shin Bet (il servizio di sicurezza israeliano) del versamento di denaro è stato Mahmud Omar (20), un membro delle Brigate dei martiri di al-Aqsa di al-Fatah, stretto parente di Leila, secondo cui la morte fu dovuta ad una malattia del sangue che l’anno precedente aveva già stroncato un altro bebè della famiglia.

Nei suoi interrogatori – sostiene lo Shin Bet – ha precisato che furono i fondi di Hamas a convincere i genitori ad addossare ad Israele la responsabilita’ della morte di Leila. In un primo momento le autorità mediche di Gaza inclusero il suo nome nella lista dei ‘martiri’ caduti nelle continue manifestazioni di Hamas al confine con Israele.

Leila divenne allora un simbolo della volontà palestinese di scrollarsi di dosso il blocco della Striscia. Ma dopo che la stampa internazionale aveva avanzato dubbi sulla attendibilità della versione della famiglia il suo nome è stato rimosso. Tre settimane fa un responsabile del ministero ha detto che su Leila è stata condotta un’autopsia, ma a tutt’oggi l’esito non è stato pubblicato. Il suo nome comunque non figura più nella lista dei ‘martiri’.