Orfini convoca l’Assemblea del Pd, Renzi frena sul Congresso

Telecamere nella sala stampa della sede del Pd. Sullo sfondo il logo del partito. Primarie
Telecamere nella sala stampa della sede del Pd. ANSA/ETTORE FERRARI

ROMA. – Il presidente del Pd, Matteo Orfini ha convocato l’Assemblea nazionale per il 7 luglio, chiamata a decidere quando e come tenere il congresso. Una mossa con la quale Orfini si smarca da Matteo Renzi che avrebbe preferito far slittare l’Assise a dopo le europee del maggio 2019. Dopo le polemiche di lunedì, conseguenti alla sconfitta ai ballottaggi nelle Regioni Rosse, in giornata ha ripreso quota l’idea che l’Assemblea elegga segretario Maurizio Martina con il mandato di aprire una fase programmatica in autunno e celebrare congresso e primarie entro marzo 2019.

Proprio questo percorso è stato prospettato dai segretari regionali che hanno incontrato il reggente Martina e il presidente Orfini. Il congresso con le primarie, è stato il ragionamento fatto all’unanimità, implica subito uno scontro sui nomi, mentre la base ci chiede un periodo di discussione e di coinvolgimento dei circoli. Quindi, sì al congresso per dare un segnale che si va oltre l’immobilismo che domina dal 4 marzo, ma preceduto da una fase programmatica, di ridefinizione di un Manifesto comune, che aggiorni quello di Veltroni del 2008.

Anche Andrea Orlando, Cesare Damiano e Dario Franceschini e Nicola Zignaretti hanno prospettato un percorso simile, con le primarie da svolgere entro la primavera 2019, mentre a settembre-ottobre ci potrebbe essere un’Assemblea programmatica o comunque una fase di confronto sui contenuti. Un congresso comunque nel giro di pochi mesi coglie in contropiede l’area vicina a Matteo Renzi.

Qui più d’uno ha suggerito all’ex segretario di temporeggiare, facendo slittare le Assise a dopo le Europee, così da continuare a governare il partito grazie al fatto che si ha la maggioranza all’interno dei gruppi parlamentari. Una tattica dovuto alla mancanza di un candidato di area, ma che non convince tutti: un renziano della prima ora come Roberto Giachetti ha chiesto il congresso immediato, per “alzare l’asticella del confronto”.

Che il temporeggiamento non è possibile e che non avrebbe garantito il permanere della maggioranza dei parlamentari intorno a Renzi, lo dimostra il fatto che il presidente Matteo Orfini, anch’egli vicino all’ex segretario abbia rotto gli indugi e abbia convocato l’Assemblea per il 7 luglio. All’ordine del giorno, ciò che non è stato fatto all’Assemblea di maggio, e cioè la presa d’atto delle dimissioni di Renzi e poi una scelta secca: o convocare subito il congresso (da concludere con le primarie a novembre-dicembre) oppure eleggere un altro segretario, nello specifico Maurizio Martina.

Ipotesi che si sta consolidando, attorno anche a un mandato preciso, quello di un congresso a marzo 2019. Il “superamento” del Pd, rilanciato da Carlo Calenda e oggi anche da Romano Prodi su Repubblica, non piace dunque ai dirigenti del Pd, e non ha suscitato reazioni nemmeno in Leu impegnata nel sua passaggio da lista elettorale a movimento. Ma l’ex ministro dello Sviluppo non demorde e domani presenterà il Manifesto del Fronte Repubblicano da lui proposto.

(di Giovanni Innamorati/ANSA)