L’ultimo triganiere ricordato dal nipote: l’artista modenese Carlo Baschieri Righi

Il modenese Carlo Banchieri Righi sulla porta del suo atelier, sullo sfondo alcuni suoi quadri.
Il modenese Carlo Banchieri Righi sulla porta del suo atelier.

di Mariano Palazzo

Nei giorni scorsi si è inaugurata, presso la Casa di Italia di Maracay, la mostra “Retrospettiva italica”, organizzata dal Comitato locale della Società Dante Alighieri in Venezuela. Diversi artisti hanno partecipato: alcuni oriundi della nostra Penisola, altri invece figli di emigranti nati, sia in Africa come in Sudamerica, presenti anche “gli italici”, come si definiscono quelle persone che, pur non avendo nessuna goccia di sangue italiano nelle loro vene, si sentono attratti, si sentono innamorati, si sentono parte di un mondo, del mondo in italiano.

Sono stati otto gli artisti invitati, tra giovani e meno giovani, tra uomini e soprattutto donne, che attraverso la loro creatività e forma di espressione, superando anche la barriera del tempo, hanno lasciato i loro messaggi, la loro visione del mondo. Una mostra che ci permette di dialogare con loro e con tutti quelli che visitano questa bellissima esposizione, allestita nella galleria d’arte che si trova proprio a fianco della biblioteca che, quest’anno, è stata battezzata con il nome di Margherita Cavani, nata a Bologna,  emigrata in Argentina nel 1952, per arrivare 23 anni dopo in Venezuela.

In questa mostra che è stata inaugurata per celebrare il 72º anniversario della Repubblica, non poteva mancare un nostro corregionale. L’Emilia Romagna sempre presente! Tra gli artisti partecipanti figura l’ingegnere modenese Carlo Baschieri Righi, classe 1939, che dipinge i tetti del centro storico della sua città una città di lunga storia poiché è stata fondata nel 183 a.C., una storia importante poiché, il suo Duomo, la sua torrre Civica e la Piazza Grande, nell’anno 1997 sono state inserite dall’UNESCO, nella lista dei siti italiani patrimonio dell’umanità.

La mano di Carlo non solo disegna quei tetti ma la loro anima! lo fa con una sensibilità degna da risaltare. I suoi dipinti vanno sempre accompagnati da poesie e scritti di sua autoria, e la prospettiva è sempre dall’alto, perché quando lui dipinge la sua Modena, lo fa come se fosse un colombo triganino. Per Carlo, cito le sue stesse parole: “è impossibile parlare di Modena senza ricordare la rispettabile ed antichissima corporazione dei Triganieri Modenesi;

Un’arte questa,  conosciuta fin dal milleduecento, il poeta modenese Alessandro Tassoni ne scriveva nel suo capolavoro: La secchia rapita: …con una compagnia di scapigliati, dediti al gioco e far volar piccioni che triganieri fur congnominati (Canto VI, strofa 531, Tommasin Da Gorzano, durante la guerra Mutino Bolignese partisse contro i ravennati)”.

Ammirando alcuni quadri di Carlo Banchieri Righi esposti nella galleria della Casa d’Italia di Maracay.

Carlo, durante l’intervista fatta presso il suo atelier, ci spiega quest’arte che consisteva nel far volare piccioni, nelle prime ore del mattino, da un’altana ove si agitava una bandierina, rispondevano a dei specifici comandi a base di fischi, e così i cieli modenesi si coprivano di stormi di piccioni che formavano volando giri sempre più ampi, e quando rallentavano il volo, i triganieri agitavano con furia la bandierina, i piccioni capivano le segnalazioni e si innalzavano e si facevano più veloci finché il triganiere scendeva dal posto di comando, rientrando nella colombaia seguito dai suoi piccioni che calavano a stormi per ricevere il giusto premio per la loro attuazione.

All’età di sei anni la famiglia è emigrata in Venezuela, prima a Caracas e poi a Maracay, conosciuta anche come la “Città Giardino” per la frondosità della sua vegetazione, una città, pare, che attira i nostri corregionali molti sono infatti gli emiliani-romagnoli presenti in Aragua e che vi hanno lasciato impronte importanti come l’Ingegner Bruno Mazzani, il Prof. Celestino Bonfanti, la Dott.ssa Silvana Rosa e tanti altri ancora e, primo fra tutti, in particolare, Agostino Codazzi, nato a Lugo (1793-1859) che è stato il primo cartografo del Venezuela,  fondatore della Colonia Tovar,  militare, topografo, insomma un classico esempio del genio italiano: è stato tanto importante per il Venezuela e per Aragua che strade, scuole e parchi portano il suo nome

Dopo sei anni di permanenza in Venezuela, all’inizio degli anni cinquanta,  Carlo Baschieri Righi è di nuovo rientrato in Italia con mamma e fratelli, proprio a casa dei nonni materni, nella sua Modena natale che,  nella sua memoria aveva lasciato solo ricordi secondo le sue stesse parole: “…di luci di bengala, di, bombardamenti, colpi di fucili, fughe nei rifugi antiaerei, aeroplani che mitragliavano, a bassa quota, tutto ciò che si muoveva, e ricordava soprattutto i morti fucililati dai nazisti alla base della Ghirlandina”

Il nonno di Carlo detto il “Panzatta”, come era  conosciuto Guglielmo Righi, fornaio di professione ma anche glorioso combattente, al punto da essere insignito nel maggio 1973 con il riconoscimento di Cav. Dell’Ordine di Vittorio Veneto,  era anche un Triganiere! L’ultimo triganiere!, e come ricorda Baschieri: “senza volerlo fui un involontario protagonista di quest’arte antica ed unica che vidi morire, che morì nelle mie mani nel lontano 1958 senza che io realmente me ne rendessi conto”.

Gran parte della sua infanzia-adolescenza è trascorsa sui tetti di Modena insieme al nonno. Carlo scrive ricordando quei tempi e quei luoghi, come unici che con la loro architettura creano uno spettacolo artistico straordinario, indimenticabile, pieno di luci e chiaroscuri, convertendo il tutto in una vera poesia e ogni tegola sprigiona tutta la sua espressione artistica. Per Carlo era comune vedere terrazze, lucernai, camini, altane e, nella sua fantasia,  li immaginava come se fossero piante in una giungla tropicale che si ergono cercando di prevalere una sull’altra anelando raggiungere la luce, il sole, insomma, di arrivare al cielo!.

Un’esperienza che ha portato con sé quando nel 1962 è stato nuovamente trascinato dal destino, oltre oceano, allontanandolo ancora una volta da quei luoghi che lo videro crescere. Questa forzata lontananza, come lui riconosce, poteva anche transformarsi in rabbia e rancore, invece ha fatto sì che in lui nascesse un amore, e una passione così profonda e straordinaria, che hanno svegliato in lui quella parte artistica, culturale, architettonica per la sua Modena, così come ebbe a scrivere: “…scoprendo così un universo parallelo nel quale cominciarono ad emergere dettagli che sempre ebbi a portata di mano, e che, anche se li guardavo, non li vedevoL’aver trascorso tanti anni sui tetti modenesi mi ha permesso di essere un privilegiato, imparando ad apprezzare la bellezza di questi luoghi che pochi hanno la possibilità di osservare nella sua giusta dimensione con i suoi giochi di luci ed ombre, creando immagini meravigliose. Rimembranze che non ho potuto mai dimenticare e che ho voluto immortalare nei miei dipinti perché tanta bellezza rimanga assieme ad un’arte secolare che si svolgeva nei tetti di Modena custodiati dalla Ghirlandina, la torre campanaria del Duomo, con i suoi quasi novanta metri di altezza, e il ricordo dell’ultimo triganiere

 Il tuo ritratto

Unico compagno

Nel mio ufficio

Riflette la bellezza

D’un tempo lontano.

“Boun giorno”

Mi saluta.

Da sul tripode

Mi porge le sue labbra

Per il consueto bacio mattutino.

“Ti amo”…gli sussurro.

“Ti amo”…mi risponde.

Brilla una luce nelle mie pupille.

Aumenta il suo sorriso.

Il mio cuore palpita forte.

Mentre ti contemplo

Il mio pensiero è lontano

Retrocede nel tempo:

Lo sai, dissi

Dopo tanti anni

Ti ho rivista

Pochi giorni fa

Là vicino a casa

Ammutolito ti contemplai

Poi all’improvviso esclamai

Con un nodo in gola:

Dio come sei bella!

Proprio come allora

Oh mia cara Ghirlandina!

Baschieri, C.

Molte delle sue emozioni le ha immortalate in scritti e poesie in dialetto modenese oltre che  in italiano e spera così di far nascere nelle sue figlie Monica e Sabrina, nate a Maracay,  e nei suoi nipotini, l’amore per le loro origini:

“Ogni tant da té Modna a tôren

Per al mê vcìni chèri abrazèr

E seimpèr emozionè am guèrd d’intôren

Al vádder chi post ec’mein chèr.

A gh’é tanta ed cla zèint furastèra,

an só sla sia quásta la ragiòun

a pèr chi sièn tôtt ed’nétra têra

per esreg in tla géra tant scórz ed mlòun.

Sáta al pòrteg dal Colègg a tôti e li or

Con l’ambrôsa as déven apuntamèint

Con la speranza ed dichiarér al nostr’amôr,

as catéven a l’ora giósta, come un zuraméint.

Adèsa, pruvè la sátta pasegèr,

in pôc mês a val garantèss

giá che sol furastêr as seint parlèr

al bel dialát Mudnês al sparèss.

Ad zur, ogni vòlta ch’á tôren

At cát sèimper pió cambìeda,

Pió ad guerd e ad gir d’intôren

At trôv trésta, grisa e spavinteda.

Am sèint un magòun in t’al côr,

a sèint onna gran malinconia,

dam incara al to amôr

prèma ch’a tôrna via.

Baschieri, C.

Può sembrare un’utopia, quella di far nascere l’amore su emozioni vissute da altri  ma mi sovviene ora il caso di un altro grande venezuelano, il maestro Abreu, che trovando in casa del nonno italiano Anselmi gli strumenti musicali che quest’ultimo aveva portato dall’Italia si è ispirato continuando e migliorando l’ opera del nonno fondando il sistema di orchestre venezuelano.

L’ingegnere Baschieri, è uomo di mondo, ha visitato per diversi motivi, tutti i paesi dell’Europa, il Canada, gli Stati Uniti, quasi tutte le isole dei Caribi, il Panama, il Messico e la Colombia ma risponde, senz’ombra di dubbio, alla mia ultima domanda:

Quale è oggi il suo più grande desiderio?  “Ritornare a Casa, alla mia bella Modena!”