Fortezza Europa, ora punta a chiudere la rotta del Mediterraneo

Un gruppo di migranti soccorsi in mare sono portati in salvo sulla nave Fenice
I migranti soccorsi in mare sono portati in salvo sulla nave Fenice durante l'operazione "Mare Nostrum". ANSA/ MARINA MILITARE

BRUXELLES. – L’Europa punta a blindarsi sul fianco sud, trasformando i suoi confini in una fortezza, per difendere l’area di libera circolazione Schengen. Sigillare la rotta del Mediterraneo centrale è l’imperativo categorico che emerge dal summit Ue. L’attenzione è tutta focalizzata sulla necessità di imprimere un ennesimo giro di vite, nonostante le nuove decine di migranti morti in mare.

Dai rimpatri alla collaborazione con i guardacoste libici; dalla stretta sulle Ong al progetto di piattaforme di sbarco nei Paesi terzi: tutto indica un’unica direzione, sigillare l’ultima porta ancora spalancata verso l’Unione, riducendo gli arrivi dell’ultimo 5% dopo il calo del 95% dal picco massimo della crisi dei flussi, nell’ottobre 2015.

Prossima tappa per mettere a punto strategia e tabella di marcia sarà il consiglio informale dei ministri dell’Interno dei 28, a Innsbruck, la prossima settimana, dove la Commissione europea proporrà di trasformare Frontex in una vera e propria polizia di frontiera per spingere l’acceleratore sui rimpatri e raggiungere un tasso del 70% entro il 2019, andando avanti sulle piattaforme regionali di sbarco con i Paesi terzi, con accordi sul modello di quello Ue-Turchia.

A confermare la linea è il direttore esecutivo di Frontex, Fabrice Leggeri, che nelle conclusioni del vertice legge “fermezza” e “la fine di una certa ingenuità” delle capitali. “Per molto tempo si è guardato soprattutto all’aspetto umanitario, e non a quello dei gruppi criminali che si arricchivano su questa miseria umana, prendendo in ostaggio morale l’Europa”, spiega il leader dell’agenzia Ue.

Ma la grande novità, evidenzia Leggeri, sono le piattaforme regionali: “I migranti salvati potranno essere sbarcati nel porto sicuro più vicino, quindi anche in porti non europei. Non c’è più un obbligo unilaterale dei Paesi europei a compiere salvataggi, ma tutti avranno il compito di farli”, sottolinea soddisfatto. E in quei “tutti” indicati dal capo di Frontex, è compresa anche la Libia, che a breve riceverà mezzi dall’Italia per rafforzare i soccorsi.

“Non ci saranno mai dei rimpatri dell’Ue verso la Libia o navi europee che rimandano i migranti in Libia. E’ contro i nostri valori, il diritto internazionale e quello europeo. Siamo ben al corrente della situazione inumana per molti”, avverte la portavoce della Commissione europea Natasha Bertaud. Ma l’altra parte della storia racconta che “la Libia ha notificato la sua area di salvataggio in mare”.

Così, “quando il Centro di coordinamento e di salvataggio del Paese coordina un evento, tutte le imbarcazioni coinvolte dovranno rispettare i suoi ordini”. A rispettarli dovranno essere soprattutto le Ong, che dal vertice escono fortemente ridimensionate. Emblematico il caso della Seawatch, sotto sequestro a Malta, mentre il comandante della Lifeline Carl Peter Reisch è stato interrogato dai giudici e posto in libertà provvisoria dietro cauzione con l’accusa di irregolarità nella registrazione della bandiera.

Un processo, quello al capitano, dal forte sapore politico, mette in guardia la difesa della Ong. Mentre Matteo Salvini esulta: “Grazie all’appoggio italiano anche Malta si è ricordata di essere un Paese sovrano”.

(di Patrizia Antonini/ANSA)