Salvini e Di Maio frenano su attriti, Lega pronta al rilancio

Matteo Salvini e Luigi Di Maio al tavolo della trattativa sul contratto di governo
Matteo Salvini e Luigi Di Maio al tavolo della trattativa sul contratto di governo. ANSA/ FRAME VIDE M5S

ROMA. – Luigi Di Maio in piedi ad illustrare il decreto da lui voluto, Matteo Salvini assente. In mezzo, il premier Giuseppe Conte affiancato dal sottosegretario Giancarlo Giorgetti. La scatto della prima conferenza stampa del governo giallo-verde fotografa al meglio i delicati equilibri interni all’esecutivo, con il M5S che si riprende la scena con un dl che strizza l’occhio alla sinistra e piace poco agli imprenditori del Nord che compongono il bacino elettorale leghista.

Eppure sia Di Maio che Salvini frenano su qualsiasi accenno di tensione. “Su questi temi ci siamo ritrovati subito”, assicura il vice premier M5S. “I dubbi” sul decreto sono “superati”, gli fa eco Giorgetti. “Puniamo imprenditori furbetti e multinazionali straniere” chiosa Salvini dal senese. Eppure, nelle ore successive al varo del decreto dignità, tra i leghisti serpeggia qualche malumore. E c’è già chi pensa a un rilancio su temi più cari al Carroccio.

Innanzitutto, nel corso dell’iter parlamentare, la Lega punterà sul reinserimento dei voucher in settori ad hoc, come quello agricolo. Modifica sulla quale Di Maio tra l’altro apre. E, prima dell’estate, Salvini punta a mettere in campo un decreto che porti più il suo “marchio”. “Ci piacerebbe portare avanti la legittima difesa”, è l’esempio che filtra dagli ambienti leghisti.

Gli alleati di Salvini, nel frattempo, si smarcano nettamente dal dl dignità. “Una ricetta che sembra quella del Pci anni ’80”, attacca Giorgia Meloni laddove FI, con Marco Marin, osserva come “l’assistenzialismo non sia nel dna del centrodestra”.

E Conte? Nel ruolo di “pater familias” – come lui stesso si definisce – sparge rassicurazioni sulla tenuta di conti e governo. “I rapporti con Salvini sono eccellenti. A volte ci sono opinioni personali ma l’importante è perseguire il programma”, spiega il premier, definito da Di Maio, nel corso della conferenza stampa, “capitano” della squadra del governo giallo-verde.

I timori di una trappola parlamentare sul dl dignità non sono tuttavia dissolti. Ed è lo stesso Conte che, sulla possibilità che il governo metta la fiducia sul dl, da un lato esalta la “centralità del Parlamento che il governo non vuole comprimere” ma dall’altro lato avverte: “abbiamo due forze fortemente coese al loro interno e che si riconoscono in un programma comune, ci aspettiamo coerenza dai parlamentari”.

Il contratto, insomma, è la boa attorno alla quale ruota la compattezza dei due alleati in attesa di settembre, quando M5S e Lega dovranno fare i conti con un ministro dell’Economia, Giovanni Tria, che oggi ribadisce la sua prudenza su reddito di cittadinanza e flat tax, sottolineando l’obiettivo della riduzione del debito pubblico.

E i nodi, nelle prossime settimane, rischiano di non mancare. Come quello relativo al ripristino dell’articolo 18, che una parte del Movimento auspica ma che non è previsto nel contratto di governo e sul quale, oggi, Di Maio glissa rispondendo ai cronisti.

Per il vice premier, comunque, è il giorno del dl dignità, “colpo mortale al Jobs Act e alla burocrazia più insidiosa”, scandisce il leader M5S illustrando alcune delle misure “simbolo” del Movimento, a partire da quello stop alla pubblicità nei giochi d’azzardo che Beppe Grillo “benedice” dal suo blog. Ma, “questo è un punto vinto dai cittadini, non dal M5S”, assicura Di Maio replicando così ai critici: “Sarà anche un governo inaspettato ma è un governo coerente, ovvero politico. Ed è un governo votato”.

(di Michele Esposito/ANSA)

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