Fece il militare in Italia, negata la cittadinanza ad albanese

In primo piano la spalla di un militare con la bandiera italiana, sullo sfondo un plotone.
Fece il militare in Italia.

BARI. – A 14 anni arrivò in Italia a bordo di uno dei primi gommoni carichi di migranti sbarcati sulle coste pugliesi e si stabilì in Puglia, insieme con la famiglia. A 18 anni, nonostante fosse albanese, fu chiamato dall’Aeronautica a svolgere il servizio di leva: compito che Armando Panariti, oggi 40enne, svolse per poi però sentirsi dire che era stato un errore. E pochi mesi dopo essersi congedato fu allontanato dall’Italia con un foglio di via. Da allora Armando ha cominciato una lunga battaglia per vedersi riconosciuta la cittadinanza italiana.

Panariti, che risiede a Tirana, attraverso i suoi legali, ha scritto a Prefetture, organi militari e diplomatici e al presidente della Repubblica. Assistito dagli avvocati Raffaele Mascolo e Massimo Santoro, entro la prossima settimana depositerà un ricorso anche dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo.

A raccontare la storia è lo stesso protagonista, che dopo anni di domande e appelli senza aver ottenuto alcun risultato, oggi torna a chiedere “di aiutarmi, perché nessuno fino ad oggi mi ha dato una risposta”.

Armando Panariti arrivò in Italia il 7 marzo del 1991, nel primo sbarco di albanesi sulle coste pugliesi. Attraccò a Brindisi con la sua famiglia, padre, madre e sorella, e con altre 27 mila persone. La famiglia si stabilì a Laterza (Taranto), dove Armando frequentò la scuola di mattina e di pomeriggio andava a lavorare in un panificio.

“Un bel giorno del 1994, – racconta – si presentò il postino alla porta con la cartolina: mi dovevo presentare a Lecce nella caserma Pico per la visita della leva militare”. In più occasioni il ragazzo provò a spiegare che era un cittadino albanese, rivolgendosi prima alle autorità civili, poi a quelle militari, ma fu comunque costretto a partire.

Fu in servizio a Taranto, nella caserma SARAM (Scuola Addestramento Reclute Aeronautica Militare) ‘Luigi Bologna’, dove prestò anche giuramento sulla bandiera italiana, poi a Viterbo per l’addestramento reclute e infine a San Giorgio Ionico, dove ha svolto servizio di guardia con armi in dotazione. Su proposta dei vertici militari, fece anche richiesta per la ferma di leva prolungata di tre anni.

“Ma, due giorni prima di partire per dare gli esami, – continua Armando – il comandante mi chiamò e mi disse che io non potevo farlo perché ero cittadino albanese”. Pochi mesi dopo aver finito il militare gli fu notificato un foglio di via. Dovette lasciare la Puglia perché non aveva un lavoro e quindi non poteva ottenere un permesso di soggiorno.

Tornò in Albania, dove vive ancora oggi, mentre la sua famiglia è tuttora in Italia, e da allora non ha mai smesso di lottare per essere riconosciuto cittadino del Paese sulla cui bandiera ha anche giurato. Nell’aprile scorso l’Ambasciata d’Italia a Tirana gli ha risposto per l’ennesima volta che “la sua documentazione non soddisfa i requisiti necessari per far richiesta di cittadinanza italiana”. Non gli resta ora che aspettare il verdetto della Corte di Strasburgo.

(di Isabella Maselli/ANSA)

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