Lega, Cassazione: “Bossi dice che i soldi ci sono, allora dica dove”

Lega: Francesco Belsito e Umberto Bossi con la mano sul cuore cantando l'inno della Lega
Francesco Belsito e Umberto Bossi

ROMA. – Conti della Lega Nord: nuova puntata. Bossi dice che i soldi ci sono, ma non aggiunge altro. La Cassazione – perché è nel ricorso agli ‘ermellini’ che il Senatur ha fatto questa rivelazione – lo esorta a parlare e a essere specifico. L’Alta Corte, oltre a invitare Bossi a dire quello che sa, ha inoltre tenuto duro sul sequestro di tutti i beni personali del fondatore del Carroccio sui quali la magistratura ha messo le mani dopo avergli bloccato i conti in banca avendo constato che la Lega, almeno per ora, non ha soldi da ‘offrire’ in sequestro.

La linea difensiva giocata da Bossi nel disperato tentativo di salvare dalle ganasce un quinto della pensione da europarlamentare, i terreni e la casa nel feudo di Gemonio, e’ messa a nudo dalla Suprema Corte nelle motivazioni di conferma del blocco dei beni fino ad arrivare alla cifra di 40 milioni. Una misura cautelare che fa seguito alla condanna del Senatur a due anni e sei mesi di reclusione per i rimborsi truccati che hanno portato nelle casse leghiste quasi 49 milioni di euro truffati allo Stato.

La discrasia tra i 40 milioni per i quali è stato attuato il sequestro a carico di Bossi e i 49 milioni di euro per i quali la Cassazione tre giorni fa ha dato il via libera al blocco delle somme in futura disponibilità della Lega, potrebbe essere dovuto al fatto – secondo alcune fonti – che a Bossi e agli altri coimputati è stato ‘scalato’ il valore di quanto già bloccato. Si tratta di circa due milioni trovati sul conto di Bossi e su quello dell’ex tesoriere Francesco Belsito, del buen retiro a Gemonio, e di quasi due milioni di euro presi alla Lega.

A Genova da gennaio, su esposto di Stefano Aldovisi, uno dei revisori dei conti condannati con Bossi, è in corso un’inchiesta per riciclaggio sulla Lega che riguarda il possibile reimpiego occulto dei ‘rimborsi truffa’: secondo il pm, nascosti in più banche per scampare ai sequestri. In Cassazione, Bossi ha sostenuto che il disco verde alla richiesta del pm di sequestrare alla Lega “somme di denaro eventualmente disponibili in futuro”, farebbe venire meno l’esigenza di toccare i suoi averi.

Gli ‘ermellini’ hanno bollato questa tesi come “manifestamente infondata, costituendo dato allo stato meramente ipotetico ed assertivo che il sequestro in danno della Lega conseguente all’accoglimento del ricorso del pm” riesca a racimolare 49 milioni. In ogni caso, prosegue il verdetto, se mai “tale evenienza dovesse effettivamente concretizzarsi”, Bossi potrà “far valere il sopravvenuto carattere indebito” del sequestro dei suoi beni ‘aggredibili’ non oltre la cifra di 40 milioni.

Ad avviso della Cassazione, nell’operato del pm di Genova non c’è nulla da eccepire perché “è legittimo, ed anzi doveroso aggredire anche, per equivalente, i beni personali dell’imputato sul presupposto della sua intervenuta condanna, pur allo stato non esecutiva”. Al Senatur, la Suprema Corte mette in chiaro che “sarebbe suo onere indicare al pm dove indirizzare le ricerche per rinvenire i fondi allo stato non rivenuti in disponibilità della Lega Nord ma, secondo il ricorrente (cioè Bossi – ndr), esistenti. Sul punto – rileva ancora il verdetto – le affermazioni di Bossi appaiono, peraltro, del tutto prive della benché priva specificità”.

(di Margherita Nanetti/ANSA)

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