Segnali di rallentamento della crescita. Governo, sentiero stretto

Una fabbrica attrezzata con robot
Una fabbrica attrezzata con robot.

ROMA. – L’economia sta rallentando. A registrare nuovi segnali di frenata del Pil è l’Istat, lo stesso giorno in cui S&P taglia le stime di crescita per il 2018 all’1,3%. Una grana in più per il governo ‘gialloverde’ alle prese con un programma “molto ambizioso”, consapevole però che “il sentiero è stretto” come dice il sottosegretario alla presidenza Giancarlo Giorgetti, riecheggiando le parole dell’ex ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan che del ‘sentiero stretto’ aveva fatto un vero e proprio mantra.

Anche il nuovo esecutivo, insomma, dovrà fare i conti con la congiuntura, che si prospetta meno favorevole anche per la ‘guerra dei dazi’ scatenata da Trump, e con le regole europee che impongono un percorso di risanamento ai Paesi ad alto debito. Come negli ultimi anni, c’è comunque l’intenzione, e la necessità, di chiedere nuova flessibilità e già si è avviato un “dialogo positivo” con Bruxelles, assicurano al Tesoro.

“Molto” ha detto Giorgetti, dipenderà “dall’atteggiamento che avrà l’Europa”. Già iniziano, intanto, a circolare indiscrezioni sull’intenzione di spostare l’obiettivo del deficit/Pil all’1,4%, in calo rispetto all’1,6% fissato per quest’anno ma oltre mezzo punto superiore allo 0,8% tendenziale indicato nel Def di aprile targato Padoan-Gentiloni. Una mossa che libererebbe circa 10 miliardi, quasi l’intera cifra necessaria a sminare gli aumenti Iva da 12,4 miliardi.

Che sia da escludere un passaggio dall’1,6% allo 0,8% lo aveva già chiarito in Parlamento l’attuale inquilino di via XX Settembre, Giovanni Tria, definendolo un calo “troppo drastico”. Ma questo non significa, sottolineano al Tesoro, che già si possano dare indicazioni sugli obiettivi, che saranno messi nero su bianco solo a settembre con la nota di aggiornamento al Def.

Le cifre circolate, insomma, sono “assolutamente premature”. Di certo, viene ribadito, si cercheranno spazi con la Ue, ferma restando la tendenza alla riduzione del debito e il non peggioramento del saldo strutturale. E non ci sarà, come paventato da S&P, nessun allentamento nel consolidamento dei conti, nemmeno per fronteggiare la “lieve decelerazione in corso” che era già stata segnalata anche dai tecnici del Mef. Nonostante la frenata, infatti, lo stesso Tria alle Camere si era detto convinto che “sia ancora possibile chiudere il 2018 con l’indebitamento programmato”.

La crescita, per S&P Global Ratings, si fermerà quest’anno all’1,3%, con un taglio dello 0,2% rispetto alle precedenti previsioni, riviste perché “l’incertezza sulle politiche e il commercio porterà probabilmente a una crescita più lenta degli investimenti”. Ed è la politica interna, secondo l’agenzia di rating “il principale rischio”, per “l’incertezza sulla volontà del governo di proseguire nel consolidamento”.

Mentre l’Istat, attraverso il suo indice ‘spia’, ha registrato uno scenario ormai consolidato di contenimento dei ritmi di crescita”. Proprio per imprimere una accelerazione il governo punta a introdurre per gradi ma fin da subito le misure ‘simbolo’ del contratto di governo, da un lato la flat tax, o meglio dual tax visto il progetto di arrivare a 2 aliquote al 15% e al 20%, e il reddito di cittadinanza.

Ma il menu della prossima legge di Bilancio potrebbe contenere anche un taglio del costo del lavoro sui contratti a tempo indeterminato, che però, ha detto il ministro del Lavoro Luigi Di Maio, potrebbe già arrivare “nel decreto dignità, durante il dibattito parlamentare”. Si dovrebbe trattare comunque di un intervento strutturale sul cuneo e non un sistema di incentivi alle assunzioni come negli ultimi anni. E che dovrebbe essere selettivo e quindi meno oneroso (il taglio di 1 punto per tutti costa tra 2,5 e 3 miliardi) cominciando da settori “strategici” come le imprese del made in Italy, delle nuove tecnologie, della cultura e del turismo.

(di Silvia Gasparetto/ANSA)

Lascia un commento