Trump in Gran Bretagna, dribbla le proteste e sfida i contestatori

Cartelloni contro la visita di Trump in Gb.
Trump in Gran Bretagna, dribbla le proteste e sfida i contestatori

LONDRA. – Le prime proteste le ha sorvolate dall’alto, attraversando il centro di Londra in elicottero. E la grande manifestazione preannunciata per domani non la vedrà affatto, blindato dapprima dalla macchina della sicurezza nella residenza governativa di campagna dei Chequers, a qualche decina di chilometri dalla capitale, per il summit con Theresa May della tappa britannica del suo tour europeo; e poi dietro le mura del castello di Windsor per l’incontro-status symbol, al fianco della statuaria moglie Melania, con la regina.

Ma Donald Trump non sarebbe Donald Trump se i contestatori si limitasse a dribblarli: lui li sfida. “Nel Regno Unito io piaccio molto”, ha sentenziato ancor prima di arrivare, in risposta a chi gli chiedeva della piazza – 100.000 persone nelle speranze degli organizzatori – convocata nel cuore di Londra per prenderlo di mira, in barba a qualsiasi ‘special relationship’ con gli Usa.

Molta gente, ma solo un pezzo del Paese, secondo ‘The Donald’, convinto che sull’immigrazione in tanti siano “d’accordo con lui” anche qui: “Credo sia per questo che c’è stata la Brexit”, ha ammiccato. Costretto a sfuggire ai fischi di una contestazione rumorosa e preparata da tempo, la sua risposta è insomma strizzare l’occhio alla ‘maggioranza silenziosa’.

Quel 52% che nel 2016 ha fatto saltare il banco nel referendum sul divorzio dall’Ue. Un bacino sociale con il quale la simpatia resta reciproca, estesa ai leader di riferimento, da Boris Johnson a Nigel Farage. E che il presidente-alleato cavalca a costo di far stizzire la padrona di casa Theresa May, che lo ha invitato, si è acconciata ad accoglierlo in pompa magna e da mesi cerca disperatamente di stabilire un rapporto privilegiato.

Stizza da ingoiare in fretta del resto, dopo un piccato botta e risposta a distanza da Bruxelles, per non trasformare il vertice in un fallimento. Già a partire dal primo appuntamento: una cena sontuosa offerta in onore dell’ospite, alla presenza di mezzo governo e di un centinaio di businessmen, a Blenheim Palace: la dimora dell’Oxfordshire in cui nacque Winston Churchill, nume tutelare dell’alleanza fra Londra e Washington.

Qui, fuori dai cancelli prima dell’arrivo degli ospiti, un centinaio di contestatori brandivano cartelli con su scritto ‘Dump the Trump’ (‘Molla Trump’) e ‘No to racism, no to Trump’ (‘No al razzismo, no a Trump’). Ma se May e il suo neoministro degli Esteri, Jeremy Hunt, si prodigano in sorrisi sperando che l’imprevedibilità di Trump non tracimi ancora, per strada l’atmosfera è tutt’altra.

I manifestanti, dai militanti del Labour e della sinistra più radicale fino all’ex vicepremier liberaldemocratico Nick Clegg, sono mobilitati. I primi picchetti sono già schierati a debita distanza dalla residenza dell’ambasciatore ‘Woody’ Johnson, a Regent Park, dove i Trump si limitano a pernottare. In attesa del clou del corteo di domani all’insegna degli slogan ‘Together against Trump’ e ‘Trump is not welcome’. Con la piazza pronta a sbertucciarlo – come in un “carnevale di protesta”, assicurano i promotori in risposta all’allerta dell’ambasciata americana sui timori di code violente – nei panni di un gran bebè capriccioso gonfiabile. E a riservagli tutta la raffica di epiteti sfornati sul web: “Razzista, sessista, islamofobo, guerrafondaio”.