Fisco, Cna: “Senza correttivi per le Pmi tasse a 61,4%”

Operaio al lavoro in una piccola impresa.
Operaio al lavoro in una piccola impresa.

ROMA. – Il Viceministro all’economia Massimo Garavaglia (Lega) ha rassicurato ancora una volta le imprese sulla volontà del Governo di ridurre la pressione fiscale. “Un provvedimento per ridurre le tasse sulle imprese potrebbe arrivare entro la fine dell’estate”. L’occasione è stata la presentazione del Rapporto della Cna (Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa) dal titolo “Comune che vai, fisco che trovi”.

Secondo il rapporto, in mancanza di correttivi nel 2018 la pressione fiscale media sulla piccola impresa italiana è destinata a salire ancora. Le proiezioni Cna evidenziano una pressione fiscale sulle Pmi, già salita nel 2017 dello 0,3% toccando quota 61,2%, ma destinata nel 2018 a crescere ancora, portandosi al 61,4%.

Questo incremento – osserva Cna – è “compiutamente ascrivibile all’aumento programmato della contribuzione previdenziale dell’imprenditore” ovvero all’aumento dei versamenti che l’imprenditore dovrà fare alla cassa artigiani per garantirsi una pensione.

Ora però il rischio che le tasse aumentino per le imprese sembra scongiurato. Basta pensare che, come ricorda la stessa Cna, la riforma del regime dell’Imposta sul Reddito d’Impresa (Iri) al 24%, già prevista per quest’anno, avrà effetti “consistenti” nel ridurre il peso delle tasse sulle piccole e medie imprese, che quest’anno passerebbe dal 61,4% al 59,2%.

Se poi a questo ribasso le imprese ottenessero la totale deducibilità dell’Imu sui beni strumentali delle imprese: capannoni, laboratori, negozi. In questo caso la pressione fiscale crollerebbe al 57,4%, quattro punti percentuali in meno rispetto a quello previsto dall’Osservatorio CNA per il 2018. Quello che più preoccupa le imprese, e non solo loro, è l’oggettiva disparità della pressione fiscale lungo tutto il territorio nazionale, con un fisco che cambia da città a città da regione a regione.

Il risultato è che le imprese più tartassate sono quelle con sede a Reggio Calabria dove le tasse si mangiano il 73,4% del reddito dell’imprenditore. Seguono Bologna (72,2%), Roma e Firenze (69,5%). Agli antipodi di Reggio Calabria si piazza Gorizia, dove le tasse erodono il 53,8%. Nell’ordine seguono Udine (54,5%), Imola (54,9%), Cuneo, Trento e Belluno (55%).

Non a caso quasi tutte città del Nord. Già solo questa disparità potrebbe far parlare di distorsione della concorrenza fra imprese con sede sotto il Volturno e imprese che operano sopra la linea gotica. Infatti fra le 10 città che tartassano di più gli imprenditori 6 sono al Sud. Mentre fra le 10 città che tassano di meno otto sono al Nord.