“Campioni ma non francesi”, polemica Bleus multietnici

Tre giocatori "neri" della nazionale francese con la coppa del mondo vinta a Russia 2018.
Mendy non ci sta: "Siamo bleu-blanc-rouge"

PARIGI. – “Campioni ma non francesi”: dopo l’impresa dell’Equipe de France ai Mondiali non si placano le polemiche sui Bleus multietnici. Da Maradona a Maduro, fino al tam tam dei social network, ognuno ha da dire la sua sulla squadra campione del Mondo. A chiarire le cose ci pensa, Benjamin Mendy, uno dei 23 atleti eroi di ritorno dalla Russia rivendicando con fierezza, in un tweet ripreso centinaia di migliaia di volte, l’appartenenza di tutta la squadra ad un solo ed unico vessillo: quello bleu-blanc-rouge.

A far traboccare il vaso, è stata la piattaforma ‘Sporf’, che in un precedente cinguettio aveva pubblicato i nomi dei Bleus affiancandoli alle rispettive bandiere dei Paesi d’origine. Paul Pogba: Guinea, Nabil Fekir: Algeria, Antoine Griezmann: Germania, Giroud: Italia e via dicendo…”Tutti insieme per la Francia”, concludeva Sporf. Lapidaria la risposta di Mendy, che ha rettificato affiancando ad ogni nome il bianco rosso e blu della République. Postilla: “Fixed”, come a dire “così è corretto”.

Negli ultimi giorni si sono moltiplicati i rilievi sulle origini multietniche dei francesi trionfatori a Mosca. Negli Usa, durante il ‘Daily show’, Trevor Noah aveva detto ironicamente di essere “contento perché l’Africa ha vinto la coppa del mondo”. Commento simile a quello di Nicolas Maduro, che ha poi lanciato un appello affinché i Paesi europei la smettano col razzismo.

“Quanto è stata disprezzata l’Africa, quanto l’hanno schiavizzata e saccheggiata per 500 anni! – ha dichiarato il presidente del Venezuela – Ma nel Mondiale la Francia ha ottenuto la vittoria grazie proprio a giocatori africani o figli di africani. Così è la vita!”.

A Parigi, il leader centrista dell’Udi, Jean-Christophe Lagarde, non sembra averla presa benissimo, minacciando querele contro Maduro. Mentre viene osannato Obama. Durante un solenne intervento in Sudafrica in omaggio a Nelson Mandela e alla difesa del multiculturalismo, l’ex presidente Usa ha preso la squadra francese ad esempio:. “Guardate l’Equipe de France che ha appena vinto il Mondiale. Tutti quei ragazzi non somigliano, secondo me, a dei galli. Sono francesi, sono francesi!”.

Tra i primi a soffermarsi sull’origine multietnica dei Bleus, fu il 9 giugno scorso, un Maradona senza peli sulla lingua. “C’è una mafia che porta via i calciatori africani per naturalizzarli per le nazionali europee. E molte volte il bisogno obbliga questi giovani giocatori a fare una scelta del genere”.

Quanto all’Italia, Le Monde fotografa oggi un Paese divenuto “amaro per la vittoria” francese, deplorando le “dichiarazioni antifrancesi e i commenti razzisti che si moltiplicano sui social network”. Da parte sua, Marine Le Pen, ritiene che i Bleus “diano una buona immagine della Francia”. E aggiunge di non avere “una visione razziale dei francesi”.

Tra l’altro, proprio nei giorni scorsi i deputati francesi hanno approvato l’abolizione della parola ‘razza’ dalla Costituzione.

La multietnicità del mondiale è in parte conseguenza delle nuove regole Fifa, che consentono a giocatori con doppio passaporto di scegliere una nazionale non di nascita anche se si è giocato con quella di origine, purché non in partite ufficiali. Al Mondiale la Spagna aveva, ad esempio, Diego Costa, brasiliano, e addirittura la Russia un suo connazionale: Mario Fernandes.

In realtà, la Francia di Deschamps è meno multietnica di quella del ’98 (con origini armene, kanaki, maghrebine, africane). Però in questa Francia Mandanda è nato a Kinshasa, Umtiti a Yaoundè. D’altra parte, è vero anche il contrario. Il giornale Le Parisien ha fatto notare che ben 50 calciatori presenti al Mondiale sono nati in Francia come Benatia (Marocco), Higuain (Argentina) e Lopes (Portogallo). In realtà, con la possibile scelta oltre il passaporto, tutto lo sport è oramai ‘senza frontiere’.

Mo Farah, mezzofondista simbolo dell’atletica britannica nato a Mogadiscio, è il più clamoroso degli esempi. Ma se a rappresentare una nazione come vincente non è un singolo ma una squadra, va da sè che la polemica scoppi.

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