Alta tensione sul dossier nomine, salta il vertice da Conte

La facciata di Palazzo Chigi
Palazzo Chigi a Roma: sede del governo.

ROMA. – Prova a imprimere un’accelerazione al dossier nomine, il premier Giuseppe Conte. Ma il suo tentativo si infrange subito, nel giro di qualche minuto, sullo scoglio di rapporti deteriorati tra il ministro dell’Economia Giovanni Tria e i due vicepremier Matteo Salvini e Luigi Di Maio. E si infrange anche su una trattativa a oltranza tra M5s e Lega per quello che nelle loro intenzioni dovrebbe essere, a partire da Cassa depositi e prestiti, il primo tassello di un’operazione che mira a portare il giallo-verde al vertice delle grandi partecipate e nei ruoli cruciali per la politica economica.

In Parlamento è la giornata dell’elezione di un nuovo giudice della Corte costituzionale, Luca Antonini, vicino alla Lega e teorico del federalismo fiscale, e di otto membri laici del Csm: in quota M5S Alberto Maria Benedetti, Filippo Donati e Fulvio Gigliotti, per la Lega Stefano Cavanna ed Emanuele Basile, in quota FI Alessio Lanzi e Michele Cerabona, e David Ermini per il Pd, che è l’ultimo partito a ufficializzare il nome dopo una discussione parecchio accesa al suo interno.

Mentre procede lenta la conta in Parlamento, Conte prova a dare una svolta al dossier Cdp, approfittando di un incontro in programma con il ministro Tria prima della sua partenza per il G20 in Argentina, da dove tornerà martedì. Da Palazzo Chigi annunciano un vertice sul tema. Ma nel giro di un’ora lo sconvocano per “impegni” dei ministri.

Cos’è successo? Salvini scrolla le spalle: “Non sapevo che fosse stato convocato e non so che è stato sconvocato”, dice con una formula che suona come una presa di distanza totale. Mentre Di Maio fa sapere di essere al lavoro sugli emendamenti al decreto dignità. Giancarlo Giorgetti, plenipotenziario di Salvini sul dossier nomine, rinvia alla “procedura” indicata da Conte in un’intervista a “Il Fatto Quotidiano”: “Il ministro (Tria, ndr) propone a me, io ne parlo con i due vicepremier, poi decidiamo insieme”. E così nel pomeriggio da Conte a Palazzo Chigi va soltanto Tria.

Sarebbe stato M5s a far saltare il tavolo, con un’iniziativa subito sposata dalla Lega. La questione, spiegano fonti di entrambi i partiti, è di metodo: Tria continua a proporre nomi “espressione di un establishment che noi – dice un leghista – vogliamo distruggere”.

La tensione con M5s si sarebbe innalzata anche sul ruolo di direttore generale del ministero del Tesoro, per il quale Tria vuole Alessandro Rivera, già vice dell’ex direttore Vincenzo La Via, mentre i pentastellati spingono per Marcello Minenna, ex assessore a Roma. Quanto a Cdp, Tria sarebbe fermo sul nome di Dario Scannapieco, ex vicepresidente Bei, come amministratore delegato. Di Tria – è la tesi M5S-Lega – la colpa di uno stallo che a cascata si ripercuote sulla Rai.

In ballo, in una partita che dovrebbe chiudersi martedì 24, al ritorno del ministro dal G20 (ma nulla adesso è più scontato), c’è la guida di Cdp, vera “cassaforte” che i soci di governo potrebbero voler usare per intervenire in operazioni pesanti, come quella “per l’italianità di Alitalia”.

Ma il punto, per i gialloverdi, è stabilire un metodo che, attraverso trattative tra i due partiti, porti a cambiare i vertici di Consob (è agli atti una nota congiunta M5s-Lega contro Mario Nava), ma anche – non subito – di Leonardo, con la sostituzione di Alessandro Profumo. E poi Tito Boeri all’Inps. Conte cita anche il caso di Claudio Descalzi all’Eni, rinviato a giudizio per corruzione: “Per lui valuteremo a scadenza. Se in futuro un manager fosse imputato di corruzione, ne trarremmo le conseguenze. Lo accompagneremo alla porta”.

(di Serenella Mattera/ANSA)

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