Aids fa ancora paura, rischi nuove epidemie se si fermano le cure

Una manifestazione Aids con striscioni
Manifestazione Aids.

ROMA. – Solo nel 2017, sono state 1,8 milioni le persone nel mondo infettate dal virus Hiv e la minaccia della malattia è particolarmente grave in Africa ed Europa dell’Est: l’Aids, nonostante i passi avanti della ricerca medica, torna a far paura e gli esperti avvertono come abbassare la guardia sul fronte della prevenzione e degli stanziamenti internazionali per garantire l’accesso alle cure sia “estremamente pericoloso” perché c’è il rischio concreto di “nuove epidemie” se i trattamenti farmacologici non saranno più assicurati.

E’ un quadro allarmante quello che fa da cornice alla 22/ma Conferenza internazionale sull’Aids che si è aperta ad Amsterdam e che vede la partecipazione di 15mila esperti da tutto il mondo. Il monito è appunto quello di “rialzare la guardia” poiché l’epidemia – nonostante il numero dei morti si sia ridotto, anche se non dappertutto – “non è finita”.

“C’è il rischio, soprattutto in Africa e nell’Europa dell’Est, di una forte ripresa dell’epidemia di Hiv-Aids se si continuerà a sottovalutare il problema, come sta oggi accadendo in varie realtà, e si interromperà la disponibilità delle terapie contro l’infezione, anche a causa del calo dei finanziamenti mirati a questo scopo”, afferma da Amsterdam il presidente della Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali (Simit), Massimo Galli.

E’ infatti questo, sottolinea l’esperto, “il quadro allarmante che abbiamo di fronte e questo congresso porrà l’accento proprio sulla sottovalutazione del pericolo in vari Paesi: l’epidemia da virus Hiv ha infatti dato segno di poter essere tenuta sotto controllo solo a patto che venga garantita la terapia adatta, ma si si smette di trattare l’infezione allora questa – avverte – riprenderà a diffondersi, come già sta accadendo in varie aree in Africa e dell’ex Unione sovietica”.

Nel continente africano, spiega, “i problemi derivano appunto dalla diminuzione dei finanziamenti per garantire i farmaci anti-Aids alla popolazione, mentre nelle aree dell’ex Unione sovietica il nuovo forte aumento di infezioni da Hiv è legato alla crescita del fenomeno della tossicodipendenza”. Il punto, avverte, è che “l’Aids si tiene sotto controllo e si contiene solo se viene curato”. Al contrario, avvertono gli infettivologi, “oggi assistiamo ad un disconoscimento della gravità della situazione”.

Per questo la comunità scientifica, sottolinea anche il presidente dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) Stefano Vella, “è molto preoccupata: le infezioni nel mondo sono ancora troppe ed in aumento in varie aree, nell’Est Europa l’infezione ha ripreso a dilagare e in Africa le morti non si sono arrestate. L’epidemia, quindi, non si sta fermando e non è finita”.

L’allarme è stato rilanciato nei giorni scorsi anche dal Programma congiunto dell’Onu sull’Hiv/Aids (Unaids): benché i decessi siano in calo e benché il numero di persone che hanno accesso a terapie sia in aumento (21,7 milioni nel 2017), le nuove infezioni sono in aumento in almeno 50 paesi e il ritmo dei progressi per sconfiggere l’epidemia non sta al passo con gli obiettivi. Inoltre, l’Unaids evoca una possibile crisi sul fronte dei finanziamenti, osservando un’assenza di nuovi impegni significativi.

Nel 2017, secondo gli ultimi dati Unaids, nel mondo sono 36,9 milioni le persone che vivono con il virus Hiv. Ancora troppi i morti: 940.000 solo lo scorso anno.

(di Manuela Correra/ANSA)