Marchionne stazionario, clinica protegge la privacy

Sergio Marchionne appoggiato a una Fiat 500 prima generazione, durante il 77esima esposizione di Ginevra. nel 2007.
Sergio Marchionne appoggiato a una Fiat 500 prima generazione, durante il 77esima esposizione di Ginevra. nel 2007. ANSAMARTIAL TREZZINI

ZURIGO. – E’ sottile la linea che lega Torino a Zurigo in queste ore. Mentre al Lingotto si riunisce la prima linea dei top manager di Fca, per la prima volta sotto la guida del nuovo a.d Mike Malley. Nella terapia intensiva dell’ospedale universitario del centro svizzero, Sergio Marchionne continua a combattere la sua battaglia. Il top manager è entrato, in quello che è un polo d’eccellenza, oltre tre settimane fa per un’operazione alla spalla destra. Il tutto si doveva chiudere con una breve convalescenza. Così non è stato.

Le sue condizioni sono improvvisamente aggravate, tanto che si è accelerata quella transizione che era già prevista nel gruppo automobilistico. L’uomo che ha trasformato la Fiat in un’azienda globale, è in condizioni irreversibili ma stazionario. Poco continua a trapelare da quella rigorosa cortina di privacy che da sempre lo caratterizza.

Di ufficiale non c’è nulla, la famiglia non parla, l’azienda non conferma e né tanto meno vi è il riscontro di bollettini medici. E resta fermo anche il controllo della Security che instancabile piantona l’area dell’Universitatsspital, rendendo inaccessibili ai media i diversi ingressi di questa enorme cittadella ospedaliera.

Nello scorrere, lento, delle ore proseguono gli attestati di stima. Uno su tutti quello di Luca Cordero di Montezemolo “Sergio Marchionne è uno dei più grandi manager internazionali. Abbiamo iniziato e proseguito insieme un lungo e proficuo pezzo di strada alla Fiat negli anni più drammatici con grande spirito di amicizia e collaborazione”, ricorda l’ex manager Ferrari senza nascondere di aver “avuto nel passato recente contrasti anche molto duri. Ma mai – sottolinea – ho messo in discussione il coraggio, la capacità e la visione di Sergio, che hanno permesso salvataggio e rilancio del primo gruppo industriale italiano e contribuito a modernizzare le relazioni sindacali nel paese”.

Ed è commosso il ricordo che affida alle pagine del Corriere della Sera, Franzo Grande Stevens, l’uomo nel tempo più vicino alla famiglia Agnelli. “Il dolore per la sua malattia – scrive – è indicibile. Quando dalla tv di Londra appresi il giovedì sera che egli era stato ricoverato a Zurigo, pensai purtroppo che fosse in pericolo di vita. Perché conoscevo la sua incapacità di sottrarsi al fumo continuo delle sigarette. Tuttavia, quando seppi che era soltanto un ‘intervento alla spalla’, sperai. Invece, come temevo, da Zurigo – chiosa Grande Stevens – ebbi la conferma che i suoi polmoni erano stati aggrediti e capii che era vicino alla fine”. Parole che lasciano pensare a qualcosa di ben più grave ma, al di là delle supposizioni che circolano senza freni, di conferme ce ne sono ben poche.

(dell’inviato Fabio Perego/ANSA)