Industria: dieci big tedeschi valgono metà Pil Italia

Una catena di montaggio nell'industria automobilistica
Una catena di montaggio nell'industria automobilistica

MILANO. – La grande industria italiana raccoglie briciole rispetto ai competitor europei in termini di fatturato e utili, complice anche la sua scarsa propensione ad investire. E’ il quadro che emerge dell’Annuario R&S dell’area studi di Mediobanca, che ha fatto le pulci ai principali gruppi italiani quotati analizzandoli nel quinquennio dal 2013 al 2017.

Solo a guardare il giro d’affari dei primi dieci big tedeschi son dolori: nel 2017 è stato di 803 miliardi di euro, la metà del Pil italiano. Non basta: la loro capitalizzazione supera quella dell’intera Borsa milanese. In un’ideale top ten europea per fatturato, la metà sono tedeschi, due francesi. Anche se fra le due olandesi, assieme ad Airbus c’è l’ ‘italiana’ Exor, terza per ricavi. Infine, ciascuno dei primi tre giganti tedeschi fattura singolarmente più di quanto fatturano tutti assieme i dieci big italiani.

Se infatti Fca Italy, Leonardo, Luxottica, Saipem, Prysmian, Parmalat, Pirelli, Fincantieri, Prada e Buzzi assieme hanno cumulato nel 2017 ricavi per 89 miliardi, Volkswagen ne ha realizzati 230,7, Daimler 164,3 e Bmw 98,7. Anche sul fronte dei profitti c’è poco da sorridere. Il club dei 40 big della manifattura (tedesca, francese, britannica e italiana) ha cumulato nel quinquennio utili per 476 miliardi: i tedeschi 210, britannici 142, i francesi 119 e gli italiani solo 5 (cioè poco più dell’1%).

Un dato che va messo in relazione con gli scarsi investimenti italiani: i colossi tedeschi in cinque anni hanno messo sul piatto 426 miliardi, gli italiani appena 18. Il tasso di investimento dei tedeschi è stato del 16,5%, l’italiano 5,7%, l’unico tra le quattro nazioni in calo rispetto al 2013.

Nel quadro di ombre però un po’ di luce c’è: innanzitutto l’anno scorso il giro d’affari dei 42 maggiori gruppi italiani ha raggiunto i 370 miliardi, crescendo del 6,6% dopo tre anni in flessione. Ma soprattutto ci sono alcuni ‘campioni’ del cosiddetto IV capitalismo industriale che brillano per redditività. Un dato che evidenzia come l’Italia soffra quando si confronta su grandissime dimensioni, ma riservi sempre soddisfazioni quando si confronta su quelle medie.

Guardando la quota di margine operativo netto sul fatturato i risultati dei proprietari delle reti di gas ed energia elettrica restano irraggiungibili (Snam 54,8%, Terna 52,1%) ma ci sono ‘gioiellini’ come Atlantia al 45%, o Recordati, Diasorin e Moncler che viaggiano attorno al 30%.

(di Giorgia Bentivogli/ANSA)

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