Decreto dignità verso primo via libera, polemica sull’articolo 18

Il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico Luigi Di Maio alla Camera.
Il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico Luigi Di Maio alla Camera. ANSA/ GIUSEPPE LAMI

ROMA. – Passa anche per l’articolo 18 lo scontro politico tra maggioranza e opposizioni sul decreto dignità. Mentre la Camera si avvia a dare il primo via libera al provvedimento, che poi dovrà passare in tempi strettissimi il vaglio del Senato tanto che non si esclude nel secondo passaggio la fiducia, si riaccende il dibattito sulle tutele dei lavoratori in caso di licenziamento.

Dopo gli incentivi per il lavoro stabile, limitati a una proroga per due anni del vecchio bonus per gli under 35, l’uso più ampio dei voucher – che vede i sindacati sul piede di guerra mobilitati anche davanti a Montecitorio – e la polemica, accesa, sulla soluzione ponte per le maestre magistrali, a tenere banco alla Camera è stato di nuovo le norme sui licenziamenti, abolite con il Jobs Act e che LeU, con un emendamento già bocciato anche dalle commissioni, ha riproposto per l’Aula.

La proposta ha registrato i sì solo dei 13 deputati di Liberi e Uguali, scatenando le ironie e le polemiche delle opposizioni contro il Movimento 5 Stelle colpevole, come ha detto per primo il coordinatore di Mdp Roberto Speranza, di essersi “rimangiato la promessa di ripristinare l’articolo 18”. Da “Waterloo del Jobs Act a Waterloo dei 5 Stelle”, attacca l’esponente di LeU mentre il collega Guglielmo Epifani parla di “occasione persa per ridare veramente dignità ai lavoratori e alle lavoratrici”.

Scatenato anche il Pd, che pure ha votato contro a difesa della ‘sua’ riforma del mercato del lavoro: altro che ‘licenziamo il Jobs Act’, dice ad esempio Deborah Serracchiani, “il Jobs Act lo lasciate esattamente com’era dopo che avete fatto un’intera campagna elettorale in cui avete raccontato che avreste reinserito l’articolo 18, che avreste drasticamente cambiato se non addirittura abolito il Jobs Act”. Il governo “negli ultimi due giorni ha cambiato idea su Jobs act, voucher e reddito di cittadinanza”, le fa eco Alessia Morani ricordando lo stop anche a un emendamento di Fi che ricalcava la proposta M5S della scorsa legislatura.

Critiche respinte al mittente dal Movimento, con il relatore al decreto dignità, Davide Tripiedi, che ha definito “inaccettabili” gli attacchi da parte di chi “ha massacrato il mercato del lavoro”. Interventi al vetriolo, da parte delle opposizioni, anche per la presenza, pur riconosciuta, del ministro del Lavoro Luigi Di Maio che però “non risponde in Aula ma scrive su Facebook”.

Il leader M5S in effetti prende la parola nell’emiciclo una sola volta, assicurando maggiori interventi se necessario e specificando che i “miglioramenti” sono i benvenuti a patto di non “stravolgere” il decreto. Un provvedimento, aveva ribadito peraltro poco prima proprio via social, che già è stato migliorato dalle commissioni (solo una, sui portuali, la modifica approvata all’unanimità dall’Aula) e che rappresenta “solo l’inizio” sulla via dell’aumento delle tutele “per le imprese e per i lavoratori”.

Ma il decreto, ribatte poco dopo il capogruppo Dem Graziano Delrio, altro non è che “un pasticcio” che aumenterà “precarietà e lavoro nero” mentre l’unica cosa che andava fatta era “dare certezze alle imprese, incentivando il lavoro stabile”.

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