Aquarius torna in mare: “Non porteremo migranti in Libia”

Migranti salutano dal bordo dell'Aquarius.
Migranti salutano dal bordo dell'Aquarius. (Archivio ANSA)

ROMA. – Un mese e mezzo dopo, torna in mare la nave simbolo della politica dei porti chiusi e della spaccatura dell’Europa sulle politiche migratorie: l’Aquarius ha lasciato Marsiglia e ha messo la prua in direzione sud per raggiungere la zona di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale. Con una promessa: “non riporteremo mai i migranti in Libia”.

Ma quella che inizia adesso per la nave noleggiata da Sos Mediterranee e Medici Senza Frontiere – nell’ultima missione rimasta in mare per giorni con 600 persone a bordo prima di approdare a Valencia – non sarà una missione come le altre.

Due cose sono sostanzialmente cambiate in questi mesi: l’Italia, e Malta, hanno chiuso i porti alle navi delle Ong; e l’Imo, l’Organizzazione marittima internazionale, ha riconosciuto la zona sar libica e il centro di coordinamento dei soccorsi di Tripoli, nonostante l’Ue continui a ritenere la Libia un porto non sicuro. Cosa che ha portato la Guardia Costiera italiana a lasciare sempre di più il coordinamento dei soccorsi ai libici.

Ecco perché la nave è rimasta in porto così a lungo. E’ stato necessario adeguare le dotazioni di bordo a più giorni di navigazione e si è deciso di installare anche un container refrigerato, in modo da poter recuperare non solo i vivi ma anche eventuali corpi abbandonati in mare.

Ed ecco perché prima ancora di raggiungere la zona Sar, Aquarius ha messo le carte in tavola: nessun migrante soccorso verrà riportato in Libia, l’ordine di non intervenire nei soccorsi verrà rispettato solo se saranno presenti altre navi in zona e non vi sia il rischio che queste riportino le persone in Libia, non sarà rispettato qualsiasi ordine proveniente da un’autorità marittima che imponga alla nave di dirigersi verso Tripoli.

“Il nostro obiettivo – dice il presidente di Msf Italia Claudia Lodesani – resta sempre lo stesso: salvare vite, portarle in un porto sicuro ed impedire che le persone anneghino”. Parole che non scalfiscono di un millimetro Matteo Salvini. Il ministro dell’Interno tira dritto e ribadisce che i porti italiani “non sono a disposizione” delle Ong e cita i numeri: in due mesi di governo ci sono stati 30mila sbarchi in meno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, da 34.987 a 4.960.

“Possono insultarmi, attaccarmi e minacciarmi quanto vogliono, ma io non mi fermo perché lavoro per il bene degli italiani”. Ed intanto si è conclusa l’odissea della Sarost 5, la nave rimasta 22 giorni al largo della Tunisia con 40 persone a bordo, tra cui due donne incinte e un ferito, perché nessun paese voleva farsene carico.

Dopo alcuni momenti di tensione in mattinata, con i migranti che hanno minacciato di gettarsi in mare quando hanno saputo che non sarebbero andati in Europa, la nave ha attraccato nel porto di Zarzis e le 40 persone sono state prese in carico dalla della Mezzaluna Rossa, dell’Oim e dell’Unhcr. “Grazie a Dio – ha commentato il capitano della nave Ali Ajji – tutto è finito bene e i migranti sono sani e salvi”.

Prosegue, invece, la polemica su Asso Ventotto, il rimorchiatore italiano che ha riportato in Libia i 101 migranti soccorsi seguendo le indicazioni della Guardia Costiera libica. “E’ un atto disumano e illegale, compiuto nel più totale disinteresse dei diritti umani” dice Matteo Orfini, mentre il Tavolo dell’Asilo chiede al governo di riferire in aula: “chi ha indicato il porto di Tripoli alla Asso Ventotto come porto sicuro?”.

“E’ tutto avvenuto seguendo il diritto del mare – risponde il ministro Toninelli – e non è stato violato il diritto internazionale. La nave era in acque libiche ed è stata coordinata dalla Guardia Costiera libica, che è riconosciuta a livello europeo”. Da Bruxelles fanno invece sapere che “trattandosi di una questione di legge internazionale non sta alla Commissione Ue valutare le circostanze” anche se, dice un portavoce, “tutte le navi che battano bandiera di paesi Ue “devono rispettare il principio di non respingimento contenuto nella legge Ue e internazionale”.