“Via legge Mancino su razzismo”, ma Di Maio gela Fontana

Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, con il ministro della Famiglia, Lorenzo Fontana (D) alla Camera mentre parlano seduti sui banchi del governo.
Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, con il ministro della Famiglia, Lorenzo Fontana (a destra). ANSA/ETTORE FERRARI

ROMA. – Un post su Facebook apre lo scontro nel governo sulla legge Mancino, che punisce chi propaganda l’odio razziale. E suscita un vespaio di polemiche. L’autore è il ministro per la Famiglia, il leghista Lorenzo Fontana, che propone di cancellare quella legge: “in questi anni strani si è trasformata in una sponda normativa usata dai globalisti per ammantare di antifascismo il loro razzismo anti-italiano”, accusa Fontana, che boccia con vigore la tesi che in Italia vi sia un’emergenza razzismo e invita “i burattinai della retorica del pensiero unico” a farsene una ragione.

Parole che scatenano la protesta dell’opposizione, delle Comunità ebraiche e dell’Associazione nazionale partigiani, con tanto di richiesta di dimissioni per Fontana. Ma che soprattutto aprono una questione nel governo. Con il ministro si schiera il vicepremier e titolare del Viminale Matteo Salvini: “sono d’accordo: alle idee si contrappongono le idee, non le manette”, dice ricordando che la Lega Nord già in passato aveva proposto di abolire la legge Mancino. Ma poi puntualizza: è “una battaglia giusta” ma “non è una priorità per la Lega e il governo, che ha al centro della propria azione lavoro, tasse e sicurezza”.

A stoppare con decisione Fontana ci pensa però Luigi Di Maio, pari grado di Salvini nel governo giallo-verde e capo politico dei Cinquestelle: “La Legge Mancino per me deve rimanere dov’è. Le pensioni d’oro invece devono scomparire alla velocità della luce”, afferma evidenziando che l’abrogazione della legge “non è nel contratto di governo” ed è “uno di quegli argomenti usati per fare un po’ di distrazione di massa che impedisce di concentrarsi al 100% sulle reali esigenze del Paese: lotta alla povertà, lavoro e imprese”.

Va oltre il presidente del Consiglio Giuseppe Conte: non solo nel contratto di governo non c’è alcun riferimento all’abrogazione invocata da Fontana, ma questa ipotesi “non è mai stata oggetto di alcuna discussione o confronto tra i membri del Governo”. E c’è di più: sono “sacrosanti gli strumenti legislativi che contrastano la propaganda e l’incitazione alla violenza e qualsiasi forma di discriminazione razziale, etnica e religiosa”.

L’opposizione reagisce con durezza, ad eccezione della presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, che sottoscrive la proposta del ministro. “Altro che abrogare la #leggeMancino. Da abrogare è il ministro Fontana. E con lui il governo dell’odio” twitta il segretario del Pd Maurizio Martina, che con altri chiede le dimissioni del ministro. Analoga richiesta arriva dal coordinatore nazionale di Mpd e deputato di Liberi uguali Roberto Speranza. Mentre Da Forza Italia è il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti a rimarcare che il Paese “ha urgenze molto diverse”.

Le “immediate dimissioni” di Fontana vengono invocate anche dal presidente dell’Anpi Carlo Nespolo: le sue dichiarazioni “violano gravemente la Costituzione”. Sono “parole che offendono profondamente”, protesta la Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Noemi Di Segni e la Comunità di Roma ammonisce: non si strizzi l’occhio ai neofascismi.

“Una emergenza di tipo sociale, legata a forme di razzismo strisciante e ad una certa recrudescenza di idee suprematiste, esiste ancora ed eventuali reati commessi con tali assurde motivazioni vanno sanzionati adeguatamente”, avverte l’ex ministro Nicola Mancino, che difende la sua legge.

Ma il ministro non fa marcia indietro. E in un video diffuso in serata ribadisce: “Credo che una riflessione, nonostante non sia una priorità del governo, vada fatta anche sulla legge Mancino:il rischio è che diventi uno strumento per fare propaganda politica”.

(di Sandra Fischetti/ANSA)