Bufera su Trump: “Sapeva del dossier contro Hillary”

Hillary e Tramp durante un dibattito in campagna elettorale
Hillary e Tramp durante un dibattito in campagna elettorale

WASHINGTON. – Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump usa il suo mezzo di comunicazione prediletto per difendere il primogenito Donald Jr dagli attacchi sul controverso incontro con una avvocatessa russa alla Trump Tower nel 2016. Ma finisce per mettere nero su bianco una ammissione che solleva l’ennesima bufera, riportando su di sé i riflettori del cosiddetto ‘Russiagate’ e le accuse di collusione con Mosca.

“E’ stato un meeting per raccogliere informazioni su un rivale, completamente legale e cosa che si fa continuamente in politica – e non portò a nulla. Io non ne sapevo nulla!”. Questo il passaggio ‘incriminato’, considerato ‘rivelatore’ dai più attenti osservatori, perché così Trump ammette per la prima volta che l’incontro aveva lo scopo di ottenere materiale compromettente sull’allora candidata democratica per le presidenziali, Hillary Clinton.

Una ammissione da parte del presidente Usa che viene letta come una ‘nuova versione’ dei fatti, sui quali il Commander in chief era pure già intervenuto, affermando però che in quell’incontro del 9 giugno 2016 – alla presenza tra gli altri anche del genero di Donald Trump e attuale suo consigliere alla Casa Bianca, Jared Kushner – si era parlato principalmente di un programma per l’adozione di bambini russi.

Ed è un’ammissione importante – si sottolinea da più parti – perché quell’episodio resta ancora opaco, anche dopo le audizioni delle commissioni di Senato e Camera che hanno condotto l’inchiesta al Congresso. E dopo le dichiarazioni dei coinvolti a partire da Donald Jr, passando per il PR britannico Rob Goldstone che fece da tramite, e fino al presidente in persona che, come confermato di recente dai suoi avvocati, dettò al figlio una breve nota in risposta ad un articolo del New York Times sull’episodio.

La polemica impazza, gli oppositori di Trump ci vanno a nozze e da più parti ci si chiede quale piega possa prendere adesso l’inchiesta sul Russiagate condotta dal procuratore speciale Robert Mueller, proprio mentre monta l’attesa per una possibile convocazione del presidente in persona da parte di Mueller. Una possibilità che è nell’aria da tempo, cui lo stesso Trump aveva in passato detto di non volersi sottrarre. Ma la decisione non è stata ancora presa.

In queste ore Rudy Giuliani – l’ex sindaco di New York adesso nella squadra di avvocati del presidente – ha detto che i legali si preparano a rispondere alla richiesta, rimanendo tuttavia sibillino sui tempi.

Alle porte di Washington intanto – ad Alexandria, in Virginia – al processo contro Paul Manafort, ex manager della campagna per l’elezione di Donald Trump, si appresta a testimoniare Rick Gates, ex braccio destro dello stesso Manafort e testimone chiave. Accusato di aver mentito alle autorità federali si è dichiarato colpevole e ha deciso di patteggiare e di collaborare con gli uomini di Mueller.

Il processo è per accuse di frode e non parte dell’inchiesta sul ‘Russiagate’, ma resta un passaggio cruciale contro il quale Donald Trump si è scagliato puntando il dito su quello che ritiene un trattamento ingiusto verso il suo ex collaboratore Paul Manafort.

(di Anna Lisa Rapanà/ANSA)

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