Amnesty: “Italia complice delle violenze in Libia”

Un campo di rifugiati in Libia guardati a vista da un soldato.
Un campo di rifugiati in Libia.

ROMA. – Italia, ma anche l’Europa, “complici” della Libia per le violenze contro i migranti. Il durissimo atto d’accusa arriva da Amnesty International, che chiama in causa il nostro paese per il sostegno alla Guardia Costiera di Tripoli e per aver di fatto bloccato, insieme con Malta, le attività di soccorso delle ong. Con il risultato di oltre 700 morti in mare nell’ultimo mese.

“Tra il diavolo e il mare blu profondo, l’Europa viene meno ai rifugiati e ai migranti nel mediterraneo centrale”: l’organismo internazionale pubblica il suo nuovo rapporto sulla sorte dei profughi in fuga dall’Africa, con un titolo che senza giri di parole contesta le politiche Ue di accoglienza, puntando il dito soprattutto sulla stretta operata dai paesi di prima accoglienza, come l’Italia.

Tra giugno e luglio di quest’anno, 721 tra rifugiati e migranti sono morti sulla rotta libica, con cifre nettamente superiori ai primi cinque mesi dell’anno, e nonostante un calo del numero di persone che cercano di arrivare in Europa. Nel mirino di Amnesty ci sono soprattutto le politiche contro le ong portate avanti da Roma e La Valletta, ma con il placet dell’Ue, che nell’ultimo Consiglio ha stabilito il loro obbligo di non interferire con le attività in mare dei libici.

Questa interdizione, secondo Amnesty, ha portato ad un “impoverimento di asset vitali dedicati al salvataggio”, per privilegiare una politica di contenimento delle partenze. E quindi, la nuova ondata di vittime nel Mediterraneo “non può essere liquidata come una sfortuna inevitabile”. Per i profughi che sopravvivono, c’è poi lo spettro dei maltrattamenti.

Proprio nei giorni scorsi a Roma il parlamento ha sbloccato l’invio di nuove motovedette ai libici. Il premier Giuseppe Conte ha rivendicato l’operato del governo, ricordando che gli sbarchi sono stati ridotti dell’85% e rilevando che questo dato equivale anche a “meno rischi” per coloro che attraversano il Mediterraneo.

Secondo Amnesty, al contrario, abbandonare i migranti nelle mani della Guardia Costiera di Tripoli equivale ad esporli a violenze e violazioni dei diritti umani, una volta che vengono riportati a terra: oltre diecimila persone sono rinchiuse in venti centri di detenzione in condizioni estreme, tra cui il sovraffollamento e il caldo soffocante. Una cifra più che raddoppiata rispetto ai 4.400 registrati da marzo.

Anche in Francia la situazione dei profughi, soprattutto al confine, resta molto difficile. Diverse ong hanno denunciato le intimidazioni della polizia contro gli operatori umanitari che aiutano i migranti a Calais negli ultimi otto mesi: “controlli sistematici di identità, minacce, violenze fisiche, ma anche il divieto di distribuire cibo e altri beni, convocazioni in commissariato, confisca di materiale ed effetti personali dei volontari”, si legge nella denuncia trasmessa oggi al Difensore dei Diritti.

Accuse senza fondamento, è stata la replica netta della sindaca della cittadina portuale, Natacha Bouchart. Di certo, comunque, l’emergenza migranti a Calais non si è conclusa con lo sgombero due anni fa della famigerata giungla, il campo dove erano ammassate oltre cinquemila persone che sognavano la fuga in Gran Bretagna.

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