Migranti: ora barconi rifiutano soccorsi Ong

La nave Acquarius in una foto d'archivio con i migranti appoggiati alla paratia della nave.
La nave Acquarius in una foto d'archivio. ANSA/

ROMA. – In mezzo al Mediterraneo, i migranti si rifiuterebbero di farsi soccorrere dalle navi delle Ong perché con i porti di Italia e Malta chiusi è più conveniente rischiare la vita per tentare di raggiungere autonomamente la terraferma piuttosto che essere salvati da una nave umanitaria e poi rimanere in mare per giorni. L’ultima novità è stata riferita da 15 tunisini all’equipaggio dell’Aquarius, che ha intercettato il barchino su quale viaggiavano al largo di Lampedusa.

Conferme ufficiali, però, non ce ne sono: alla Guardia Costiera, che li ha soccorsi e trasportati sull’isola, i tunisini hanno raccontato solo di essere partiti ieri dalla Libia e di aver viaggiato a velocità sostenuta fin quando hanno finito la benzina, con la speranza di raggiungere l’Italia. Il fatto certo, confermato già da diversi segnali registrati negli ultimi mesi, è invece che le organizzazioni che gestiscono il traffico di esseri umani in nord Africa stanno adattando il loro business in base a quello che accade in Italia e in Europa.

L’istituzione di una zona Sar libica, l’assenza di navi delle Ong al limite delle acque territoriali, la stretta italiana sui porti, sono tutte decisioni che dall’altra parte del Mediterraneo vengono studiate con molta attenzione per poi stabilire priorità, rotte e tipologia di barconi da utilizzare.

Dunque non è affatto un caso che la Spagna sia diventata la meta privilegiata, come confermano i dati dell’Unhcr: dall’inizio dell’anno fino alla fine di luglio sono sbarcate 23.500 persone, contro le 18.500 arrivate in Italia e le 16mila in Grecia. Significa che il flusso di migranti si sta spostando dalla Libia in Tunisia (ed infatti sono aumentate le partenze da quel paese con piccole barche in direzione dell’Italia) e dall’Africa occidentale, attraverso l’Algeria, verso le coste marocchine.

L’altra rotta che ha subito un’impennata è quella che dalle coste della Turchia porta fino all’Italia: il tragitto viene coperto con delle barche a vela, che destano meno sospetti e sono soggette a meno controlli. Sono già centinaia i migranti che sono arrivati così in Puglia e la Calabria.

A cambiare non sono solo le rotte: negli ultimi mesi i gommoni instabili e pericolosi, fatti con un unico tubolare e in grado di arrivare a malapena poco oltre le acque territoriali libiche, dove c’erano le navi internazionali a soccorrere i migranti, sono stati in parte sostituiti da due diverse tipologie di barche: i grandi pescherecci, gli stessi che nel 2011 portarono a Lampedusa migliaia di tunisini fuggiti durante la primavera araba, che possono trasportare anche 500 persone, e i barchini in vetroresina, piccoli e veloci, che possono sfuggire più facilmente alle motovedette libiche. Come quello che è rimasto senza benzina a poche miglia da Lampedusa.

Le Ong, infine, hanno denunciato un’ altra situazione inquietante: le navi in transito davanti alla Libia non si fermano più a prestare soccorso alle imbarcazioni in difficoltà. “Cinque diverse navi – hanno raccontato i migranti che sono a bordo dell’Aquarius – non ci hanno fornito alcuna assistenza”.

Anche in questo caso, non ci sono conferme di nessun tipo. Ma tutti gli armatori sanno bene quel che è accaduto prima al cargo danese Alexander Maersk, rimasto per 3 giorni davanti a Pozzallo con 110 migranti a bordo, e poi alla Sarost 5, una nave di una compagnia del gas tunisina, che invece di giorni in attesa di poter sbarcare i migranti ne ha attesi 22.

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