Crollo ponte Morandi: la Procura indaga sulle cause

Un vigile del Fuoco guarda lo spezzone del ponte Morandi tra due palazzi..
Un vigile del Fuoco guarda lo spezzone del ponte Morandi tra due palazzi.. ANSA/LUCA ZENNARO

GENOVA. – Prima di capire ‘chi’, bisogna capire ‘perché’. E’ la prima risposta dei magistrati del pool di magistrati che indagano sul crollo del ponte Morandi, a Genova, a chi pone le due domande di rito: se ci sono indagati e di cosa sono accusati. I riflettori sono dunque puntati sui due ingegneri, consulenti della procura, che dovranno capire, attraverso i filmati acquisiti dalla polizia giudiziaria, le perizie sul cemento e l’acciaio repertati, le testimonianze rese da chi quel giorno c’era e magari la tragedia l’ha scampata per un pelo, cosa ha tirato giù alle 11.36 del 14 agosto quel maledetto ponte.

Le cause, dunque: quelle meccaniche, soprattutto. Esclusi i fulmini e altre ipotesi di fantasia, esclusa forse la pioggia battente (quel giorno, in 5 minuti sono caduti 12 mm d’acqua), resta da capire cosa abbia causato il crollo. Alcune ipotesi. I cavi degli stralli che il Politecnico di Milano segnalava con un ‘lento trend di degrado’ con una ‘riduzione d’area totale del 10-20%’, oppure un carico eccessivo ‘sugli altri elementi strutturali del viadotto che hanno evidenziato lesioni, presenza di umidità, fenomeni di distacchi, dilavamenti, efflorescenze, fenomeni di ossidazione e ammaloramenti in genere’.

‘Ammalorare’, un vocabolo che si usa solo in edilizia e significa ‘ridotto in cattive condizioni’. Ecco dunque che arriva il giallo del carroponte che, secondo gli inquirenti, avrebbe potuto caricare ulteriormente una soletta già ridotta male.

Prima teoria: il piano stradale si è ritorto, innescando un sovraccarico dello strallo che, proprio perché in cattive condizioni, non ha sopportato il peso e si è strappato determinando il crollo. Seconda teoria, lo strallo ha ceduto per il peso della soletta sovraccaricata dal macchinario e ha innescato il cedimento.

Ma in serata Hubert Weissteiner, il direttore della Weico di Velturno, la ditta che stava lavorando sul ponte crollato a Genova, ha detto che il carroponte non c’era ancora: gli operai avevano appena finito di installare i binari sui quali avrebbe dovuto lavorare la struttura. E comunque, il carroponte – che “pesa un quarto di un tir” – non era in funzione. Ma c’era o non c’era? Gli esperti della procura dovranno accertare anche questo.

I consulenti dei pm dovranno occuparsi anche di tutta la parte documentale sequestrata in questi giorni, oggi anche al Provveditorato per le opere pubbliche. Carte come la relazione del Comitato tecnico amministrativo che nel febbraio 2018 valutò il progetto di ‘retrofitting’ strutturale del viadotto redatto dopo le osservazioni del Politecnico di Milano che avvertiva del degrado della struttura.

Quindi, prima che questa indagine possa vedere sul registro degli indagati nomi di persone e società e visto che la giustizia italiana, come ha detto oggi il capo dei pm Francesco Cozzi, “non ha per compito di indicare al pubblico una qualsiasi vittima sacrificale”, i consulenti dovranno dire la loro. Ma c’è da scommettere che saranno parole pesanti come macerie.

(di Chiara Carenini/ANSA)