In Italia “presenza limitata” di Ogm, nel 4% dei cibi

Organismi geneticamente modificati (Ogm)

ROMA. – Dalle granelle alle creme e farine di mais, dal riso al latte vegetale, fino ai noodles, la pasta, i prodotti per bambini e perfino gli integratori alimentari. Sono diversi i prodotti esaminati in Italia nel corso del 2017 per rilevare l’eventuale presenza di Ogm, organismi geneticamente modificati. Di 671 analizzati, sia del circuito convenzionale che di quello del cibo biologico, solo il 4% (21) sono risultati positivi, ma sempre conformi. Per quanto riguarda invece i prodotti importati (ne sono stati campionati 111, rispetto ai 123 del 2016), “3 sono risultati non conformi per il riscontro di riso geneticamente modificato non autorizzato in prodotti provenienti dalla Cina”.

Lo rileva il ministero della Salute, che sul proprio sito pubblica una relazione relativa al 2017, sul Piano nazionale triennale di controllo ufficiale sulla presenza di organismi geneticamente modificati (Ogm) negli alimenti, a cura della Direzione Generale per l’igiene e la sicurezza degli alimenti e la nutrizione,in collaborazione con il Centro di referenza nazionale per la ricerca degli Ogm (Crogm) e l’Istituto superiore di sanità, dalla quale emerge che “in Italia la presenza di organismi geneticamente modificati (Ogm), autorizzati e non, negli alimenti continua ad essere decisamente limitata ed a concentrazioni estremamente basse, inferiori al limite di quantificazione”.

“Ciò conferma sempre di più – si legge sul sito del Ministero – sia la consapevolezza crescente degli operatori del settore alimentare che pongono particolare attenzione lungo tutta la filiera alimentare, dall’approvvigionamento delle materie prime alla commercializzazione del prodotto finito, sia l’efficacia dei controlli ufficiali messi in atto”.

C’è attenzione anche alle etichette, con le quali il consumatore viene informato su ciò che si appresta eventualmente a comprare, per le quali “permane il rispetto dei requisiti d’etichettatura previsti dalla normativa vigente”. Nella relazione si ribadisce sia l’importanza che gli uffici di frontiera rivestono come prime Autorità sanitarie coinvolte nella commercializzazione di prodotti alimentari provenienti dai Paesi terzi, sia il ruolo fondamentale nella attività di controllo che viene svolto dai laboratori pubblici.