Nessun accordo sulla Diciotti, scontro totale Italia e Ue

Migranti a bordo della Diciotti durante la visita a bordo dei rappresentanti del garante dei detenuti a Catania.
Migranti a bordo della Diciotti durante la visita a bordo dei rappresentanti del garante dei detenuti a Catania. ANSA/ORIETTA SCARDINO

BRUXELLES. – E’ scontro totale tra l’Italia e l’Unione europea. Casus belli è stata la riunione degli sherpa di dodici Paesi, convocati da Bruxelles per trovare soluzioni comuni a lungo termine sugli sbarchi dei migranti e finita con una fumata nera sulla ridistribuzione dei 150 bloccati a bordo di nave Diciotti, mettendo a nudo un’Italia sempre più isolata.

“L’Europa non è riuscita a battere un colpo in direzione dei principi di solidarietà e di responsabilità che pure vengono costantemente declamati quali valori fondamentali. Ne trarremo le conseguenze”, ha attaccato il premier Giuseppe Conte, puntando il dito contro “l’ipocrisia” dei partner, mentre dal Viminale l’esito dell’incontro veniva bollato come “l’ennesima dimostrazione che l’Europa non esiste”.

“Un ente astratto”, l’ha liquidata il ministro Matteo Salvini, deciso ad andare avanti con la linea dura sulla Diciotti. Anche Luigi Di Maio è intervenuto con un post di fuoco: “A questo punto l’Italia deve prendersi in maniera unilaterale una riparazione. Non abbiamo più intenzione di farci mettere i piedi in testa. Siamo pronti a tagliare i fondi che diamo all’Ue. Vogliono 20 miliardi dei cittadini italiani? Dimostrino di meritarseli”.

Poche ore prima la Commissione europea, di solito restia a commentare le dichiarazioni dei leader politici, aveva risposto seccamente all’ultimatum sul taglio dei fondi lanciato dal vicepremier pentastellato: “C’è un chiaro obbligo legale a pagare il contributo al budget dell’Unione. Le minacce in Europa non portano da nessuna parte. Il ricatto è una categoria di nessuna rilevanza quando si tratta di trovare soluzioni”.

Ricordando che l’Unione funziona sulla base di “regole, cooperazione e buona volontà”. Non, appunto, di minacce. Una posizione a cui si è associato anche il ministro-colomba degli Esteri Enzo Moavero Milanesi, che forse nel tentativo di gettare acqua su un incendio che con il trascorrere delle ore è invece divampato, ha chiarito in dissonanza con i suoi colleghi che “pagare i contributi all’Unione europea è un dovere legale. Ci confronteremo su queste e su altre questioni”.

“Mi auguro sia uno scherzo, non è questo il modo di confrontarsi con l’Europa”, ha bacchettato il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, bocciando quei “ministri che fanno sparate demagogiche”.

Ma se il cancelliere austriaco Sebastian Kurz, presidente di turno del Consiglio Ue, ha fatto spallucce (“Do poco conto alle minacce, specialmente a minacce del genere”), il Commissario europeo al Bilancio, il bavarese Gunther Oettinger, dal suo account Twitter ha lanciato l’hashtag #cooperazione-non-minacce.

Il tedesco (già ai ferri corti in passato con Salvini e Di Maio dopo aver detto che “lo sviluppo negativo dei mercati porterà gli italiani a non votare più a lungo per i populisti”) ha messo in guardia: “Se l’Italia si rifiutasse di pagare i suoi contributi al budget Ue sarebbe la prima volta nella storia e comporterebbe interessi per ritardi nei pagamenti. Sarebbe una violazione delle obbligazioni dei trattati che condurrebbe a possibili ulteriori pesanti sanzioni”.

Berlino è stata l’unica capitale a spendere parole a favore di Roma, invitando a “non lasciare sola l’Italia” sulla Diciotti. Silenzio invece da Parigi e Madrid, con il presidente Emmanuel Macron e il premier socialista Pedro Sanchez che non sembrano più disponibili a fare concessioni politiche al governo giallo-verde e numerosi sherpa (erano presenti Italia, Francia, Germania, Austria, Spagna, Portogallo, Lussemburgo, Olanda, Belgio, Malta, Grecia e Irlanda) che al termine della riunione di Bruxelles si sono rifiutati di firmare la dichiarazione congiunta che gettava le basi per il lavoro sulla responsabilità condivisa sugli sbarchi e una soluzione per la Diciotti.

Il barometro tra Roma e Bruxelles, insomma, segna tempesta.

(di Patrizia Antonini/ANSA)